Il 15 aprile 1928 il dirigibile Italia partì dall’aerodromo milanese di Baggio e con un volo di circa 6000 km, facendo tappa a Stolp (Pomerania) e Vadsö (Norvegia), giunse alla Baia del Re nelle isole Svalbard il 6 maggio.
La Baia del Re era il punto di partenza di quasi tutte le spedizioni aeree per raggiungere il Polo, un’impresa estremamente rischiosa che era fino ad allora riuscita solo al dirigibile Norge nel 1926.
Umberto Nobile, il comandante dell’Italia era stato sul Norge al tempo della conquista del Polo, e intendeva ripetere l’impresa al fine di portare a termine importanti ricerche scientifiche che sul Norge non era stato possibile compiere.
Alle 4.28 del 23 maggio 1928 l’Italia si alzò in volo con sedici persone a bordo e, nonostante una violenta perturbazione, raggiunse il Polo Nord alla mezzanotte fra il 23 e il 24 maggio. Fu impossibile attuare la discesa sui ghiacci, a causa del forte vento. Alle 2.20 Nobile ordinò che si prendesse la via del ritorno.
L’avvistamento delle isole Svalbard era previsto per le prime ore del mattino del 25 maggio, ma la forza del vento aveva portato spesso l’aeronave fuori rotta, rallentandone la marcia. Alle 10.30 il capo motorista Cecioni diede l’allarme: l’Italia stava perdendo rapidamente quota. Tre minuti più tardi, per cause che restano tuttora sconosciute, il dirigibile si schiantava sul pack, a quasi 100 km dalle isole Svalbard.
Dieci uomini caddero dalla navicella di comando sui ghiacci. Il meccanico Pomella fu trovato morto dai superstiti subito dopo la caduta; Nobile e Cecioni subirono fratture agli arti. L’aeronave si risollevò lentamente scomparendo nella fitta nebbia: della sua sorte e di quella dei sei uomini rimasti a bordo non si ebbero più notizie. Probabilmente l’Italia andò alla deriva, inabissandosi nel Mare di Barents.
L’impatto aveva riversato un po’ ovunque anche numerose attrezzature di bordo. Fu rinvenuta una parte dei viveri, ma soprattutto la tenda preparata per la discesa sul Polo e la radio di soccorso Ondina 33. La tenda, colorata di rosso con l’anilina che avrebbe dovuto servire per le rilevazioni altimetriche, diventò un indispensabile rifugio per i naufraghi e un punto di riferimento per i soccorsi. Il radiotelegrafista Biagi montò subito l’antenna della radio e attivò l’apparecchio. Il 30 maggio, dopo cinque giorni di infruttuose trasmissioni (la nave appoggio Città di Milano non riuscì a captare i messaggi di aiuto), Mariano, Zappi e Malmgren lasciarono la tenda per una marcia disperata verso la terraferma. Quattro giorni dopo, il 3 giugno, un radioamatore russo di nome Schmidt intercettò l’SOS dei naufraghi.
La notizia del naufragio dell’Italia si diffuse in tutto il mondo. Navi e aerei di molti paesi si lanciarono in appassionate operazioni di ricerca, molto rischiose: il 18 giugno Amundsen, il celebre esploratore norvegese, precipitò nel mare di Barents con il proprio idrovolante, trovandovi la morte con cinque compagni, come lui impegnati nella ricerca degli uomini dell’Italia.
Finalmente il 12 luglio il rompighiaccio sovietico Krassin riuscì a portare in salvo gli ultimi superstiti del dirigibile, che erano riusciti a resistere per 48 giorni sui ghiacci col solo aiuto della minuscola tenda rossa, tenda che oggi e’ conservata al Museo della Scienza.
Approfondimenti e immagini della spedizione alla pagina:
http://www.museoscienza.org/AEREO/nobile.html