Ieri l’articolo di Ivan Rachieli chiedeva Che cosa ci trattiene dal portare l’editoria digitale online nel web? Perché non sfruttiamo dispositivi di lettura già esistenti, avanzati e relativamente maturi come i browser?
La discussione passava alle differenze tra libro e web, tra stabilità e processo creativo. Più prosaicamente e forse purtroppo è possibile che sia all’ordine del giorno anche la questione della protezione dei diritti digitali, il DRM (Digital Rights Management).
Il 22 gennaio è stata sottoposta al World Wide Web Consortium da Paul Cotton di Microsoft una Call for Consensus per pubblicare in forma di First Public Working Draft la proposta Encrypted Media Extensions (EME).
Traduzione: si cerca di introdurre negli standard Web il controllo della riproducibilità dei media. Tra le aziende a favore compaiono Google, Microsoft, Adobe, Nokia, Netflix, Comcast, NBCUniversal, Irdeto e BBC. Quest’ultima si è spesa chiaramente:
BBC dispone anche di un braccio commerciale, BBC Worldwide […], e varie altre iniziative con finalità analoghe. I profitti di queste attività tornano a BBC per essere investite in nuovi programmi e servizi. […] L’azienda amministra anche uno dei siti più popolari al mondo, visitato in media da oltre 75 milioni di browser unici al mese […] Questo fa ovviamente nutrire a BBC un vivo interesse nella diffusione del video online.
La Call for Consensus non è passata. Tuttavia l’argomento è stato dichiarato in scope, ossia nel campo di competenza di HTML Working Group. Di conseguenza, è appropriato che il Group suddetto ci lavori.
Il percorso è ancora lungo. EME riguarda le specifiche dell’interfaccia per proteggere i contenuti erogati dal browser. La tecnologia sottostante è un grosso punto interrogativo.
È chiaro che molti interessi siano schierati dietro la restrizione arbitraria dei contenuti visibili via browser. Gli orfani di Flash e di Silverlight, sempre più irrilevanti, vogliono cambiare lo strumento e suonare la vecchia musica. La Rai sostiene ufficialmente di richiedere Silverlight ai personal computer per tutelare il copyright delle trasmissioni. Le quali arrivano contemporaneamente ai tablet, privi di Silverlight…
Tutto questo riguarda il video, più che i libri. Nell’epoca digitale, peraltro, disegnare compartimenti stagni tra tipologie di contenuti ha più aspettative che vita.