La prima edizione di Tomb Raider ha visto la luce nel settembre del 1996. Da allora, la formosa Lara Croft, eroina della saga, ne ha fatta di strada, conquistando non solo i computer shop, ma anche le copertine delle riviste e, prossimamente, le sale cinematografiche.
Il gioco, nel momento del lancio, proponeva novità che non hanno mancato di colpire l’attenzione degli utenti di videogames. Innanzitutto la protagonista: non un maschio muscoloso e determinato, ma una ragazza, piuttosto attraente anche se altrettanto determinata dei suoi colleghi del sesso forte. Il primo capitolo di Tomb Raider è stato un successo superiore alle previsioni dei suoi stessi ideatori. Un successo sul quale gli sviluppatori non hanno dormito, proponendo un anno più tardi, esattamente nell’autunno del ’97 (sempre a ridosso del periodo natalizio), la nuova release.
Tomb Raider II offriva altre novità: nuovi percorsi, situazioni inedite, nuove armi e una Lara Croft dal seno sempre più pronunciato. Ed è stato un successo superiore al precedente. La Eidos, detentrice dei marchi Tomb Raider e Lara Croft, prontamente quotata in borsa, ha visto le sue azioni decollare.
Una storia di ordinario successo nel mondo dell’High-tech, dove piccole aziende si sono trasformate in potenti multinazionali nel volgere di alcuni mesi. Niente di strano, quindi, se un anno dopo, nel 1998 (sempre poco prima di Natale), Tomb Raider III ha iniziato ad essere distribuito con chirurgica precisione. E anche in questo caso il successo non è mancato.
Questo volta, però, si è trattato solo di un successo di vendite, perché la nuova versione del gioco è un disastro: troppo difficile, errori grafici a non finire, ma, quel ch’è più grave, bugs imperdonabili che rendono Tomb Raider III quasi ingiocabile. Lara si trova spesso in situazioni senza sbocco: passaggi bloccati, elementi invisibili, illogicismi, tracce che spariscono nel nulla, blocco totale dell’eroina.
Un danno per l’immagine del gioco e della società che lo produce gravissimo; soprattutto se si considera che la stroncatura non viene dalla concorrenza e nemmeno da critici indipendenti, ma dalla “PlayStation Magazine”, rivista storica, strettamente legata alla Sony, produttrice della più diffusa consolle per videogiochi al mondo. Nonostante i legami di famiglia quelli di “PlayStation Magazine”e in particolare il tester capo, Dave Martinyuk, non se la sono sentita di salvare un gioco che, a dispetto del suo successo (dieci milioni di copie vendute nel mondo), ha fatto apertamente harakiri riuscendo là dove la concorrenza aveva fallito.
Consapevole della gravità della situazione, Eidos ha subito proposto un patch (un piccolo software correttivo dei principali errori). Una soluzione, però, che può soddisfare solo chi gioca su un PC. Per chi ha comprato Tomb Raider III per PlayStation non ci sono rimedi possibili. L’unica soluzione è aspettare la versione quattro, già annunciata. E nel frattempo occupare il tempo con qualche bella partita a scopone scientifico.