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The state of the Mac

02 Agosto 1999

The state of the Mac

di

Cronaca di quanto è successo e di cosa si è visto di nuovo al MacWorld Expo 1999 di New York

Ancora New York City

Manhattann é stata per il secondo anno consecutivo invasa dall’iridato popolo del MacWorld. Una delle manifestazioni più radicate nella cultura silicon surfing della west coast sta trasferendo la sua residenza estiva alle foci del fiume Hudson, all’ombra della statua della libertà e, più precisamente ancora, sotto le torri dell’impero del business, all’insegna di quel neo-cosmopolitismo, per alcuni, o neo-imperialismo per molti altri che é la cultura della globalizzazione. Silicon Valley scende a patti con Wall Street, le Comuni della costa traslocano al Greenwich Village.

Jobs si insinua nel territorio di Gates e lo fa scegliendo la strategia dei nuovi prodotti, di un nuovo consumismo che fa l’occhiolino ai grandi magazzini e all’edonismo clintoniano e anche a Wall Street. La City infatti da qualche tempo non cessa di dar credito all’altra faccia di IBM, prima, e di Microsoft, oggi. Festeggia con Jobs l’ennesimo trimestre di crescita azionaria con i tempi record di stoccaggio a magazzino ridotti a mezza giornata. Sembra impossibile che poco più di un anno fa gli analisti di mercato discutessero degli spazi di svendita di un marchio destinato al dimenticatoio.

Un anno fa Jobs era arrivato a New York come uno scappato da casa, dove avrebbe voluto dedicare più tempo a moglie e figlio, definendo quel MacWorld in trasferta come una una tantum senza seguito, per presentare quell’oggetto definito da tutti come l’unica vera novità nel mercato dei computer, in grado di trascinare sull’onda del suo successo l’intero comparto, concorrenza inclusa. iMac, come il primo Apple e il primo Macintosh, ha aperto un nuovo periodo dell’informatica di consumo, quello del non-computer e i due milioni di esemplari venduti ne testimoniano il successo e il suo ruolo centrale nella storia e nella cultura della Apple.

Oggi, mentre possiamo assistere all’allargamento dell’iMac Way of Life, con un ampio successo fra clienti e fornitori (sembra che i prodotti più ricercati dal Mac-People fossero devices USB e Firewire), Apple estende l’idea del non-computer al mondo dei portatili con l’iBook di cui abbiamo già parlato qualche giorno fa. Tuttavia, se la star della manifestazione é stata l’iBook, da New York le linee strategiche di Apple lasciano intravedere direzioni inedite e rivoluzionarie, mentre molte delle intuizioni del passato si fanno più precise e determinate.

Jobs

Il vero protagonista di questo MacWorld, neppure a dirlo, rimane sempre lui, Steve Jobs. Al giornalista di CNN che gli chiedeva quale fosse l’obiettivo che si poneva negli anni a venire, Jobs risponde: “Guarda, é molto semplice: noi vogliamo creare il migliore computer del mondo (…) e pensiamo che se riusciamo a realizzare il migliore computer del mondo e a fare un ottimo lavoro andremo a conquistare nuovi tipi di clienti e questo sta già avvenendo”. Che nessuno sia profeta in patria Jobs l’ha scoperto soprattutto l’altr’anno a New York.

Quello che fu nel passato l’imprenditore più incompreso nella sua genialità adesso preferisce fare il visionario di professione, tenendo solo una scarpa nei corridoi di direzione, preferendo definirsi “interim CEO” (l’altro senso della “i” del suo soprannome di iCEO). E la sua visione é forte e corrosiva per la cultura tecnicista del mondo informatico. Ancora una volta ci vorranno ancora parecchi anni prima di riuscire a comprendere il ragazzo di quel garage che piangeva quando il suo supertecnico amico non riusciva a comprendere la sua visione sociale prima ancora che tecnica ed economica. In un periodo in cui a molti pare chiaro che il modello dell’informatica di consumo sia un filone esaurito, lui afferma spavaldamente che non é ancora cominciato.

Certo é finito quello dell’oggetto personal computer che non rispecchia più i bisogni e le sensibilità dei nuovi consumatori. Questi non vanno più cercati fra i geek, nerds e smanettoni vari eredi degli anni ’70. Oggi sono le donne, i bambini, i ragazzi, gli appassionati di Hi-Fi, di fotografia, il consumatore di telefonia cellulare e di televisione satellitare. Una nuova generazione che può ottenere grandi vantaggi, ognuna dall’oggetto fatto apposta per lei, senza dover parteggiare per questo o quel sistema operativo, processore o quant’altro. Non devono essere esperti di tecnologie: devono avere ognuna l’oggetto fatto apposta per lei e per quella sua determinata esigenza. È questo il senso della lunga crociata solitaria che Jobs ha intrapreso, e per spiegarla si aiuta con dei modelli estranei al mondo informatico tradizionale.

Il modello di riferimento da lui preso come metro di paragone é sempre più quello di Sony. Quando l’iCEO porta l’esempio del gigante giapponese intende dire che Apple sarà sempre meno un’azienda che produce e vende computer, mirando a divenire un marchio particolarmente robusto in grado di far muovere la compagnia su mercati non tradizionali con l’apporto di una tecnologia e un’immagine di prodotti e di servizi estremamente originali e distintive. Se il marchio c’è ed è riconosciuto universalmente, ciò che manca é ancora il mercato.

Per ora Jobs deve accontentarsi (!) di alcuni settori verticali tradizionali (grafica, publishing ed editoria Web, da un lato, e il sempre più faticoso presidio dell’educational, ma il design degli oggetti, la partecipazione ai servizi su Internet e il lavoro cooperativo sono alcune delle sue mire per il futuro prossimo venturo. Per riuscirvi tuttavia ha bisogno di prodotti originali e strategici, come spera che si riveli essere iBook. iBook però non basta, ed é chiaro a tutti come la vera killer app per fare partire la macchina comunicazionale di Apple sia l’erede di Newton. In quest’area di mercato di cui abbiamo avuto ripetute occasioni di sottolineare l’espansione ed il trend di crescita esponenziale (anche se nel nostro paese stenta ad affermarsi), proprio la casa che per prima ne ha inventato la strategia e la logica d’uso si trova oggi priva di un prodotto e non può più permettersi di svilupparlo in casa.

Per far fronte all’ennesimo attacco della concorrenza di Microsoft le alleanze possibili sono poche e la più competitiva rimane Palm che per ora detiene il netto dominio di un mercato che ha come alternativa solo PSION, sempre più orientata alla strategia della telefonia cellulare. Il rischio di venire divorata da Seattle, come un infinito numero di floride imprese prima, é forte e spaventa 3COM che ha bisogno delle alleanze come IBM e come Apple e di un indotto di sviluppatori e clonatori come Handspring.

Portatili & Palmari

L’attesa per i nuovi portatili si era fatta spasmodica fra i Mac fans e si diffondevano notizie e indiscrezioni scarsamente attendibili per compensare al silenzio e alla segretezza che circondava Cupertino. Dopo che Lombard era entrato sul mercato come una nuova versione della linea Wall Street, piacendo senza entusiasmare, l’inquietudine per la novità che ci si attendeva per il prodotto entry level era seconda solo alle aspettative rivolte alla soluzione Palm e/o Handheld della casa che con il Newton MessagePad aveva reinventato il comparto, conferendo ad esso, in un periodo in cui neppure si riusciva a capire che cosa stessero dicendo, tutte le caratteristiche riconosciute solo oggi come le più innovative e strategiche del momento. iBook ha stupito, ma non sorpreso.

È un “iMac unplugged”. Non ha sorpreso la linea sospesa fra il gadget di lusso e l’integrato per neofiti. Fra i suoi target si trovano anche l’executive non convenzionale, ma spiccano soprattutto la devianza del mercato: donne e bambini. È un oggetto trendly, dall’aspetto simile ad una borsetta e il più possibile lontano dalla grigia valigetta del travet da aeroporto. Le sue curve sono delicatamente civettuole e sexy, ma anche vicine ai teen ager, come un diario scolastico dei Simpson. Per non smentirsi ha costretto un po’ tutti a rinunciare a molte delle prerogative tradizionali di questo tipo di prodotto. Si tratta quanto mai di una macchina tutto-in-uno e sembra recitare chiara la sua antimodularità e il suo protagonismo quasi a dire “o mi odii o mi adori”, senza lasciare spazio all’indifferenza e senza potersi confondere e neppure confrontare con gli altri portatili.

Se iMac era un non-desktop, iBook é un non-notebook e da questa idea trae i suoi molti capricci: niente floppy – sarebbe stato di cattivo gusto il contrario – e neppure porte che non siano la solita USB-factotum; niente che si possa spostare, né PCMCIA, né CD ROM estraibile (e quello che c’è non è DVD); decisamente miope invece la mancanza di microfono, indispensabile per un oggetto mobile e pratico. Ma le sue performance, prima fra tutte le sei ore di carica della batteria e i 300 MHz di clock, non lasciano molto da immaginare o desiderare. Il fatto che questi ottimi prodotti a costi inferiori possano soddisfare ampie fasce di consumatori si traduce in un effetto di cannibalizzazione delle linee professionali, come i notebook Wall Street o i desktop Yoshemite, divorate da prodotti consumer come gli iBook e gli iMac.

Con iBook, dopo la conversione a USB, Jobs lascia intendere chiaramente che il riavvicinamento alle tecnologie Wintel é un dato di fatto che va esercitato con consapevolezza critica, innanzitutto promuovendo le tecnologie più interessanti, quelle che avranno un futuro potente. Se infatti il fallimento di MMX era un evento ampiamente annunciato, integrando per la prima volta nell’iBook una scheda ATI RAGE Mobility con 2X AGP, Cupertino riconosce il valore di uno standard di accelerazione grafica 2D/3D nato nella piattaforma dominante, ma anche in grado di portare vantaggi nel monopolio Apple dei computer per grafici.

Quanto ad Airport, questo sistema wireless dovrebbe realizzare quello che con il capostipite di iBook, quell’eMate ricavato da Newton a bassisimi costi e grande flessibilità (anche se la potenza non superava quella richiesta dal target di riferimento), non riuscì a fare a causa della sua limitatissima interfaccia a infrarossi: collegare wireless gli iBook di una classe scolastica ad un server di rete che possa servire un piano simultaneamente (passa le pareti fino a 50 metri, dicono, a una velocità di 11 Mb/s). Sviluppata da Lucent, Airport non é certo una soluzione economica (richiede una spesa di 200 mila lire per macchina e di 7-800 mila per base emittente), e neppure l’unica sul mercato dal momento che Farallon ne ha creata una basata su PCMCIA (quindi praticamente universale), pare a prezzi inferiori.

Rimane da domandarsi quanti siano i paesi in cui questo progetto potrà realizzarsi, quanti studenti possano permetterselo, quante scuole investirebbero in una scelta vincolante basata su Apple e quanti modelli scolastici sarebbero disposti a dare uno spazio cosi predominante e pervasivo alle nuove tecnologie. Pensate che in Italia si dovrebbe pagare annualmente una tassa per l’occupazione dell’etere equivalente a 500 mila lire per ogni base ricetrasmettitrice e 50 mila per ogni apparecchio iBook. In questo momento le uniche soluzioni wireless di un certo valore per il nostro paese rimangono quelle di Nokia, in particolare la sua costosa idea cellulare su PCMCIA. iBook non é un computer ad alta ispirazione nomade (i suoi tre chili abbondanti non lasciano speranze): é un computer mobile indipendente da cavo, trasportabile in più ambienti chiusi (casa e scuola, ad esempio).

L’alternativa handheld e quella palmare sono tutt’altra cosa e l’attenzione che é circolata attorno allo stand di 3COM, che con i suoi Palm é diventato presto un paladino dei Mac-Fans, é un segno della grande nostalgia di Newton e della fame di trasportabilità semplificata che ha pervaso anche il mondo Mac e che iBook é destinato a fare emergere in maniera ancor più dolorosa. Sembra impossibile che proprio Apple si sia lasciata alle spalle proprio una delle sue più originali intuizioni e forse solo perché il suo sponsor principale fu quello Sculley che rappresentò il peggiore e più odiato nemico dell’attuale iCEO.

La questione non lascia comunque indifferente Jobs che afferma di avere bisogno di un’idea commerciale vincente, sia per rapporto qualità/prezzo, sia per il potere di influenzamento che un prodotto non confondibile con altri e soprattutto più assimilabile ad un bene di consumo e divertimento che a un computer può offrire. Dopo avere cercato invano di acquistare da 3COM la divisione palmari per fare proprio il leader del mercato, riacquisendo dall’esterno il risultato del emorragico investimento Newton, Jobs ha acquisito da poco le opzioni di Handspring, una casa scaturita dagli stessi creatori del PalmPilot, Jeff Hawkins e Donna Dubinsky. Handspring é nata per realizzare prodotti basati sull’architettura del Palm.

Dopo avere iniziato con il software, si ritiene che intenda seguire IBM sulla via dell’acquisto della licenza da 3COM per realizzare nuovi apparecchi palmari. Forse da questa joint venture potrà scaturire, difficilmente prima del prossimo MacWorld di New York della prossima estate, quell’Apple-Palm PDA che tutti stanno aspettando con il nome in codice di MacMate (e il cui dominio Internet registrato da tempo lascia sperare bene).

Il resto (e scusate se é poco!)

QuickTime

iBook é sicuramente il simbolo di questo MacWorld, quello per cui verrà ricordato. Altri annunci passano pero in secondo piano, pur rivestendo un ruolo decisamente più strategico nel futuro della mela sempre meno iridata. QuickTime ha “venduto” (attraverso un download gratuito) finora più di 10 milioni di copie e il suo sempre più spiccato orientamento allo streaming multimediale lo porta a competere in maniera molto agguerrita con Microsoft Media Player (che ha come al solito dalla sua il potere della diffusione) e Real Player (che vanta i privilegi della primogenitura nello streaming).

Il software di Apple é però di fatto lo standard di qualità riconosciuto da tutti i principali protagonisti del settore e la versione 4 é indubbiamente all’avanguardia, con un’interfaccia estremamente accattivante ed il supporto di tutti i più recenti standard. QuickTime TV si propone come un Internet broadcast network che include un ricevitore televisivo e una rete di fornitori di canale e di partner. Fra i primi spiccano nomi di sicuro impatto come BBC World News, Bloomberg Television, Fox Television e National Public Radio. Lo sviluppo dei contenuti trova invece attenti nomi come ESPN, ABC News, Rolling Stone, VH1, Tempo Weather Channel, gli studios di Lucas e la stessa Disney per la quale addirittura si vocifera che abbia preso in considerazione l’opzione di un acquisto della casa di Cupertino (un po’ come a suo tempo tentò Sony) e che sta preparando con Pixar Toy Story 2.

Swatch

L’immagine e i design attirano l’attenzione dei costruttori di IBM compatibili, nei confronti dei quali, diversamente dall’atteggiamento passivo dimostrato nel passato verso soggetti che, come Packard Bell e soprattutto Compaq, avevano usurpato concetti, linee e addirittura marchi (come il Performa), oggi Jobs ha intentato causa per l’imitazione dell’iMac. Ancora più interessante invece risulta la partnership con Swatch. La casa svizzera che ha fatto la sua fortuna con gli iMac degli orologi, dopo un’infausta esperienza (ma forse non per lei) nel settore automobilistico, sta rilanciando nel tempo.

In particolare il tempo Internet universale si profila un business di sicuro interesse e viene ad avere i colori e le trasparenze dell’iMac, laddove ha invece deciso di acquistare per le sue sedi proprio questo tipo di computer (o meglio di non-computer, come i suoi in fondo sono stati i primi non-orologi), un po’ come sta facendo in casa nostra uno dei leader delle telecomunicazioni. Ma le iniziative della partnership non finiscono qui: particolarmente interessante é un orologio da polso che consente di scaricare e-mail da un Mac, gli iMac Swatch.

Lo Swatch e-mail, che funziona con un mousepad (prossimamente compreso all’acquisto di ogni iMac), scarica e-mail da un PC o da un Mac e le trasmette all’orologio per un costo di poco inferiore alle 300 mila lire usa l’Internet Time, un nuovo standard sviluppato da Swatch con l’aiuto di Apple ed altri che divide le 24 ore in 1000 “beats” equivalenti a 1 minuto e 26,4 secondi. Un feeling di gusto ed immagine a prima vista: una coppia perfetta quella di iMac e Swatch, che vedrà il suo esordio nel prossimo autunno.

Sherlock 2

Al MacWorld é stata presentata anche la nuova versione di Sherlock, il meta-motore di ricerca già introdotto con MacOS 8.5, che esordirà quest’autunno, assieme ad altre 50 novità, con la prossima versione del sistema operativo. Non si tratta di un semplice aggiornamento, ma piuttosto di una vera rivoluzione nel commercio elettronico, in quanto consentirà di ottenere in un’unica schermata i prezzi comparativi e le disponibilità del prodotto ricercato su tutti i principali negozi elettronici presenti in rete. Lo stesso vale per la ricerca delle informazioni individuali (un’anagrafe o pagine gialle mondiale) in rete.

Giochi

Grande attenzione, fra i molti videogiochi che in questo periodo sono stati creati per Mac, ha destato la demo per Mac di Halo della Bungle Software, un gioco alla terza persona che sfrutta le risorse di OpenGL (finora inedito in casa Apple) e che mette in grado di giocare in rete costituendo fino due squadre di sedici elementi contemporanei.

Riconoscimento vocale

Lo avevamo annunciato qualche mese fa, ma si trattava solo di un rumore, mentre oggi é una realtà, dopo l’impegno di Dragon, anche IBM sta per licenziare la sua versione per Mac del celeberrimo software di riconoscimento vocale Via Voice. Dopo tanti anni di frustrazione ad aspettare un Plain Talk che fosse completo e soprattutto internazionale, fra poco anche gli utilizzatori Mac italiani non rimpiangeranno una delle più ricercate – anche se abbastanza deludenti – features dei PC.

Microsoft

Promesse tante, ma niente in mano per Microsoft che annuncia la nuova versione di Explorer in grado di integrarsi nell’ambiente workgroup XML di Windows 2000, di Outlook forse in grado di iniziare a funzionare nei sempre più diffusi ambienti Exchange, ma principalmente adatto a trasformare in profitto software l’oneroso acquisto di HotMail, sito di posta elettronica che diventerà più efficiente solo per chi usa l’ambiente Microsoft. Ha promesso anche un Value Pack di Word a 130 dollari, per ora scontati a 30, particolarmente ricco di features, come una succulenta biblioteca con 5000 clipart, 100 modelli per biglietti augurali, disponibile solo per l’edizione anglo-statunitense.

Corel

Dopo essersi imposta nel mondo PC favorita dai ritardi di Aldus, Adobe e Macromedia, non essendo riuscita a fare altrettanto nel modo Mac, la casa canadese ha presentato alcuni prodotti minori per il mondo della grafica consumer particolarmente economici (i prezzi si aggirano fra i 60 e i 100 dollari). Custom Photo per Mac e Print House 2000 sono dedicati al fotoritocco: il primo per editare immagini includendo testi e clipart, il secondo per realizzare dei prodotti pratici con stampanti a colori economiche, come biglietti da visita, inviti, cartoline e brochure.

Print Office 2000 é invece un desktop pubblisher facile senza grandi esigenze, ma con molti wizard per l’editoria domestica.
Ciò che rattrista invece, anche se non sorprende affatto, é la rinuncia dopo lunghi anni di inattività allo sviluppo di quello che fu il primo word processor per PowerPC. Schiacciato dalla irriducibile concorrenza del campione di Microsoft, WordPerfect muore con un ultimo canto del cigno, un Enhancement Pac for Mac scaricabile gratuitamente da agosto. Dopo l’esempio dell’altro grande concorrente di Word, Nisus Write, anche WordPerfect potrebbe diventare shareware nella sua più moderna versione opensource (superando in audacia la stessa versione per Linux).

Gli altri

New York ha confermato la crescita di interesse per il mondo Macintosh. Cosi chiudiamo questa rassegna invitando tutti ad osservare quali saranno gli effetti delle società che stanno maggiormente avvicinandosi a Macintosh. Guardate la Oracle dell’amico di Jobs e consigliere d’amministrazione Apple Larry Ellison; guardate la algida IBM, un tempo acerrima nemica, oggi utilizzatrice delle ricerche di Cupertino, ma anche produttrice e consumatrice di prodotti filo-Mac; la sempre vicina-sempre lontana Sony, innamorata delle tecnologie multimediali di Apple; e poi Motorola, Telephone (T.N.), Lucent, Viacom, Fox, Adobe, Microsoft, Avid e Disney. Sembra proprio che Apple sia entrata in una nuova fase. Un Re é morto: viva il Re!

Per saperne di più:
http://macweek.zdnet.com
http://macweek.zdnet.com/1999/07/expo/bestofshow.html
http://www.macprof.com
http://www.macity.it

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