Tradizionalmente, tecnologia è sinonimo di innovazione. Ma forse mai come in questi periodi s’avverte il brivido di un galoppo sfrenato verso il futuro. Non si contano i gadget per tutti i gusti (e le tasche), mentre tramontano rapidamente standard, apparecchi, sistemi — e ciò non riguarda soltanto il tipico ribollire magmatico del mondo online. Sembra certa, ad esempio, la scomparsa dei CD singoli, mentre la Philips annuncia che non costruirà mai più un videoregistratore, con altri produttori pronti a seguire a ruota. Parte intanto, almeno in USA, la nuova deregulation per spianare la strada all’accesso internet tramite le normali prese di corrente e al dilagare dell’attesa telefonia online (VoIP).
Muovendo da quest’ultimo scenario, nei giorni scorsi la Federal Communication Commission ha iniziato a stilare le regolamentazioni per l’ennesimo settore in rapida ascesa. Da qualche tempo, infatti, alcune società elettriche hanno avviato progetti-pilota per l’offerta di connessione ad alta velocità tramite i circuiti elettrici casalinghi, e quanto prima la tecnologia dovrebbe affinarsi in quanto affidabilità, velocità e sicurezza. Pur se, spiegano gli esperti, ci vorranno almeno due anni prima che il tutto possa davvero entrare nelle case degli utenti. Fatto ancor più importante, al momento non `e chiaro se e quanto ciò possa effettivamente tradursi in una diretta concorrenza con le attuali offerte della banda larga via cavo e DSL. Comunque sia, punto cruciale rimane l’apertura di un mercato dal potenziale enorme: le aree rurali e decentrate del territorio statunitense in cui non arrivano tali sistemi ma sicuramente la corrente elettrica. Le norme della FCC verranno finalizzate nel giro di qualche mese, ma già fin d’ora una simile impostazione ribadisce il trend verso la massima apertura per il settore delle telecomunicazioni, e per internet in particolare.
Anche perché di pari passo la commissione ha annunciato la deregulation in arrivo per un altro settore dal grosso potenziale, le telefonate via internet. I servizi “Voice over Internet Protocol” (VoIP) richiederebbero cioè un regime normativo assai più lasco di quello che regola i comuni carrier telefonici, almeno per ora, approccio tipico per stimolare cospicui investimenti. È il caso di giganti quali Time Warner e AT&T, che hanno prontamente avviato piani per piazzarsi in prima file nel nuovo settore, potendo capitalizzare sull’ampia egemonia che già vantano nel via cavo e nella telefonia. Secondo i tre commissari repubblicani (sul totale di cinque che compongono la FCC) la nazione “`e sulla soglia di una profonda trasformazione del mercato delle telecomunicazioni,” mentre il presidente Michael Powell ribadisce che si tratta di “portare la tecnologia di domani ai consumatori odierni.” Meno entusiasta la controparte democratica: la continua deregulation potrebbe condurre in breve alla completa riscrittura del Telecommunications Act del 1996 e “permettere alle maggiori aziende telefoniche di aggirare la necessaria regolamentazione,” sostiene Michael Copps. Il quale ha altresì criticato la decisione della stessa FCC di rifiutare una richiesta, avanzata dalle agenzie repressive, nel risolvere i problemi tecnici e legali del monitoraggio per le telefonate via internet, prima di dare rapidamente il via libera alla deregulation.
Se il futuro prossimo vede dunque affiancati in cucina tostapane e modem (magari con navigazione web integrata nello schermo del forno a microonde), s’avvia al decesso un apparecchio che ha fatto la storia degli ultimi 20 anni: il videoregistratore. Mentre in USA impazza il TiVo, pur se con annesse critiche per la minacce alla privacy delle rilevazioni d’uso avviate recentemente dal produttore, il colosso olandese Philips ha deciso di chiudere la produzione dei propri modelli di videoregistratori, vista la discesa vertiginosa delle vendite. Il mercato mondiale `e saturo, le sostituzioni diminuiscono di oltre 100.000 unità al mese, e il fatturato delle videocassette viaggia dietro i DVD per diversi milioni di dollari. Tra l’altro la Philips va annoverata tra i primi ideatori della tecnologia e delle cassette che hanno poi portato agli standard del CD e del DVD.
In attesa di analoghe decisioni di chiusura da parte di altri produttori mondiali di videoregistratori, il trend favorevole ai DVD viene confermato da recenti dati diffusi in Australia. A Melbourne le migliori marche vendono lettori DVD a meno di 500 dollari USA, mentre le unità made-in-Cina vanno sui 100 dollari. Lo scorso anno se ne sono venduti 1,5 milioni di unità, per un valore di quasi 300 milioni di dollari. Appena due anni prima, le quote erano ferme, rispettivamente, su 170.000 pezzi per 113 milioni di dollari. Similare l’ascesa dei registratori DVD, forse anche più folgorante, considerati i prezzi non proprio bassi. Nel 2001, anno d’arrivo sul mercato australiano al minuto, ne furono venduti appena 87, mentre nel 2003 si era già a quota 17.000. Si prevede inoltre che le 100.000 unità vendute nel biennio 2004-05 arriveranno a 250.000 nel 2006. Da notare, spiegano infine gli esperti, che un registratore DVD costa ancora intorno ai mille dollari, e bisognerà attendere che scenda almeno ai 500 prima di poter parlare di una diffusione popolare.
Sul viale del tramonto, infine, anche i CD singoli. Tra i motivi, la riduzione dei costi per altri apparecchi e forme di intrattenimento, appunto, oltre ai download (legali o meno) via internet. Nel 2003 il solo mercato britannico ha registrato una diminuzione del 30 per cento delle vendite nei negozi, mentre in USA il CD singolo sembra destinato presto a morire, entro tre anni. Almeno secondo Emmanuel Legrand, responsabile di Billboard Europe: “Accadrà molto rapidamente una volta che tutti i servizi legittimi online saranno implementati”. E per la prima volta le vendite via web dei pezzi singoli della hanno superato nelle classifiche USA della Billboard Hot 100 le corrispettive canzoni su supporto rigido.