Sono 103.394 i licenziati della new economy americana dal 1999. Una soglia, quella dei cento mila, superata dopo l’annuncio dei 3.000 licenziamenti dato da 3Com.
I licenziamenti sono talmente all’ordine del giorno, che il giornale americano The Standard ha riservato una pagina quotidiana che da l’andamento del numero di persone licenziate nel settore della nuova economia, insieme all’andamento della borsa dei titoli tecnologici, Nasdaq.
Un dato, che ancora non tiene conto degli annunci delle grandi aziende: come Dell che pensa di disfarsi di 3 mila o 4 mila impiegati.
Insomma dopo la bolla degli anni scorsi che ha gonfiato i titoli in borsa e i posti di lavoro in questo settore, adesso qualcuno inizia a parlare di recessione.
La percentuale di licenziamenti è arrivata al 4,5 %, la più alta registrata dal 1998. Non solo: il numero delle domande di sussidio di disoccupazione da ottobre è arrivato a quota 870 mila.
Si sa, in periodo di vacche magre le aziende tendono a ridurre i costi e la manodopera in eccesso rappresenta un costo non sopportabile. Dunque a farne le spese sono i lavoratori, anche nella nuova economia che, anche se nuova segue sempre le vecchie regole di mercato.
Ma più disoccupati, vuol dire più assistenza sociale (spesa pubblica), meno entrate fiscali e, soprattutto dal lato delle stesse imprese, meno propensione al consumo.
In parole povere, meno soldi girano e meno si compra.
Un circolo vizioso, quello tra disoccupazione e calo dei consumi, che inizia a preoccupare anche gli analisti di oltre oceano e che si ripercuote sulla borsa con ondate di pessimismo che procurano segni negativi agli indici borsistici.