Secondo i ricercatori del PARC (Xerox’s Palo Alto Research Center) non esistono grosse differenze tra la giungla e il cyberspazio. In entrambi i posti, uomini e donne ritrovano subito il loro istinto animale.
La conclusione giunge dai lavori che i ricercatori californiani stanno portando avanti da anni sull’ecologia di Internet.
Nel cyberspazio, perciò, l’utente Internet alla ricerca di informazioni assomiglia a un animale alla ricerca di cibo e, in modo irrazionale, si affida al proprio istinto.
Insomma, quello che si credeva dividesse l’uomo dalla bestia, cioè la capacità di raziocinio e il suo uso per risolvere i problemi, nel mondo virtuale non funziona e i ricercatori spiegano il perché senza peli sulla lingua: “Abbiamo scoperto che le persone non amano pensare. Preferiscono che il lavoro intellettuale sia fatto per loro prima”.
Indirettamente, poi, spiegano il successo dei motori di ricerca e dei portali. Infatti, la principale ragione di questo comportamento irrazionale degli internauti, deriva da un fattore intrinseco alla Rete: l’incertezza del luogo.
Il navigatore, dunque, si ritrova spesso in un ambiente che presenta molte difficoltà nell’essere codificato.
Colpito da informazioni che provengono da tutte le parti, il suo comportamento finisce per somigliare a quello di un turista in viaggio in un paese di cui non conosce la lingua.
Alla fine, riuscire a trovare la foto di Jennifer Lopez è difficile come trovare una toilette funzionante all’aeroporto di Zanzibar.
In realtà, queste conclusioni a cui sono giunti i ricercatori del PARC, in qualche modo (anche se non scientificamente provate) già erano conosciute.
A questo si deve la trasformazione dei più importanti motori di ricerca (Yahoo!, Altavista, Lycos, ecc.) in portali.
Il tentativo, cioè, di rendere, attraverso la principale funzione di ricerca, più facile orientarsi nel Web, un mondo che disorienta appunto perché diverso e a una dimensione: quello dello schermo del PC.