I cinesi trattano Internet come i loro capitalisti: facciano quello che vogliono, ma non rompano le scatole e turbino il quieto vivere della nomenclatura.
La prova è il sontuoso sito Web messo online in occasione del sedicesimo congresso del partito comunista cinese, uno dei più importanti appuntamenti della Cina in questo inizio di Terzo Millennio.
È la prima volta che il congresso viene aperto al pubblico mondiale attraverso questo nuovo media, con un sito realizzato in nove lingue, compreso l’esperanto.
Il sito è un’occasione per chi vuole fare un tuffo nella storia ufficiale cinese dopo la rivoluzione. Le molte pagine riportano informazioni sui congressi passati, la storia del partito, statistiche sulla Cina e biografie dei dirigenti, un’opportunità per capire meglio i personaggi e i movimenti interni al più grosso partito comunista che la storia ricordi.
Altri link, poi, raccontano di esemplari iscritti al partito, come la “nonna del deserto” che, da sola, ha piantato 1.500 alberi nella Mongolia interna.
Insomma, un tuffo in una realtà di cui poco si conosce, anche se scritta in tono ufficiale e non riporta voci che non siano autorizzate dal regime.
Questa operazione, dimostra come le autorità cinesi considerino Internet un efficace media, per far conoscere il paese al mondo. Un altro passo verso la modernizzazione di un vasto territorio che ha le sue radici in una storia millenaria.
Una storia, però, che le autorità vogliono controllare, come questo mezzo che usano per divulgare le loro posizioni, schiacciando come un rullo compressore qualsiasi tentativo di uso della rete come mezzo di comunicazione libero.
Ma forse, questa volta, hanno trovato un avversario che, più di altri, gli darà del filo da torcere: Internet. Uno strumento troppo “libero” per gli usi e costumi di una nomenclatura che tutto vuole controllare e gestire.
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