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Stretta finale sui brevetti software all’Europarlamento

03 Luglio 2003

Stretta finale sui brevetti software all’Europarlamento

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Niente voto anticipato, ma attivismo continuo per informare bene e tutti sui pericoli della proposta

Aggiornamento sullo scenario in ballo al Parlamento Europeo per i brevetti sul software. Questione pur sempre attuale e controversa, con incalcolabili conseguenze a diversi livelli. Ancor più in vista dell’approssimarsi della votazione finale, confermata per il primo settembre prossimo dopo aver (fortunatamente) respinto il tentato “golpe” dell’anticipo al 30 giugno.

Nonostante le forti pressioni delle maggiori software house per sbrigarsi a chiudere la partita, i membri dell’Europarlamento hanno infatti deciso di rispettare i tempi previsti onde meglio ponderare la delicata faccenda.

Impossibile andare al voto appena dodici giorni dopo l’approvazione del controverso rapporto curato dal Comitato sugli affari legali e il mercato, con annesso parere favorevole al “rilassamento” delle vigenti norme per i brevetti sul software, in sintonia con quelle già in vigore in USA e Giappone. Relatrice del provvedimento, e responsabile del Comitato stesso, è l’inglese Arlene McCarthy, negli ultimi tempi bersaglio preferito delle animate proteste (e dell’ira) dei molti che si oppongono al progetto, incluse aziende informatiche e programmatori di mezzo mondo.

Va intanto ribadito che per fronteggiare adeguatamente ogni (probabile?) approvazione, oltre alle motivate critiche, rimane cruciale far sentire la propria voce. Anzi, visto che negli ultimi tre anni l’attivismo di gruppi quali Free Software Foundation Europe (FSFE) e Eurolinux è riuscito a bloccare i tentativi di allargamento di simili manovre, è il caso di ribadire il sostegno all’appello diretto ai parlamentari europei dal titolo “Proteggere l’innovazione in Europa:

no ai brevetti software”, disponibile in italiano a partire da swpat.xsec.it. Altrettanto importante è insistere con la necessaria e salutare dose di informazione da inoltrare direttamente agli europarlamentari, meglio via telefono. Per ulteriori dettagli è bene seguire il sito eurolinux.org, dove ha toccato quota 155.000 firme la “Petition for a Software Patent Free Europe”, diretta ai parlamentari europei e con lo scopo di allertare le autorità sui pericoli dei brevetti sul software.

Notizie aggiornate (e ridiffuse) in tempo reale arrivano intanto dalla Foundation for a Free Information Infrastructure (FFII), ente no-profit con base a Monaco di Baviera che sostiene lo sviluppo del “bene pubblico tramite copyright, libera competizione, standard aperti”. In particolare, finora 250 membri, 300 aziende e 15.000 sostenitori si sono affidati alla FFII per difendere gli interessi pubblici per quanto concerne la proprietà intellettuale relativa al campo del software. Tra le ultime news diffuse dal sito, swpat.ffii.org/news circa una settimana fa sono stati riportati i dati raccolti in calce alla “Petition for a Free Europe without Software Patents”. Dati sicuramente importanti: tra le 150.000 firme, si contano oltre 2000 dirigenti di software house di vario livello, 25.000 sviluppatori ed ingegneri dell’industria info-tech europea, 2.000 ricercatori e 180 avvocati.

Non è ancora detta l’ultima parola, dunque, con le iniziative in atto tese a sottolineare i risvolti di questioni chiave agli occhi sia del grande pubblico sia degli stessi europarlamentari. Tra queste, il fatto che la normativa proposta metta in pericolo non solo il software libero e open source ma un po’ tutta l’imprenditoria europea del settore, per la quale “l’approvazione della direttiva di Mac Carthy sarebbe un suicidio nazionale,” spiega Stefano Maffulli, responsabile della sezione italiana della FSFE. Oppure che indagini economiche non provano affatto “che i brevetti sul software portino ad una maggiore produttività, innovazione, diffusione del sapere o siano, in qualche altro modo, vantaggiosi,” insiste la FFII. Senza dimenticare che nei Paesi in cui vige il regime di brevetti software “vi è un considerevole aumento di costi per spese legali e in molti casi si assiste all’espropriazione piuttosto che alla protezione delle opere prodotte dagli autori di software.” Il tutto porta ad una precisa presa di posizione: NO al ‘rilassamento’ delle attuali normative e conferma dei principi contenuti nella Convenzione Europea sui Brevetti che escludono la brevettabilità degli algoritmi, dei programmi per elaboratore e dei metodi commerciali.

Ma qualche osservatore considera fin troppo rigidi questi pilastri su cui poggia l’opposizione al progetto incarnato da Arlene McCarthy. È il caso di una dettagliata analisi apparsa l’altro giorno sul londinese The Register, in cui si dipinge uno scenario del tipo muro contro muro. In particolare, coloro che sostengono posizioni anti-brevetti “devono accusare solo se stessi nel caso la legge dovesse passare – grazie al loro fallimento nel comprendere a livello umano come gira il mondo e soprattutto come operano i politici.” Ci sarebbero errori non solo strategici ma anche sostanziali nel portare avanti la difesa di ragioni anche valide e condivisibili, spiega l’editorialista britannico. Le tesi ideologiche, la difesa del pesce piccolo e le aperte critiche all’operato dei legislatori sarebbero categorie che fanno poca presa sui politici, dimostrandosi anzi controproducenti rispetto al tipico pragmatismo su cui viene basato il voto in simili ambiti. “Purtroppo, ogni argomento coerente e persuasivo (e ne esistono parecchi) prodotto dall’opposizione rientra in una di tali categorie e per questa ragione la legislazione europea `e destinata a cambiare.”

Il movimento d’opposizione viene insomma accusato di non aver cercato il più che necessario dialogo, mancando di invitare McCarthy ad una recente conferenza anti-brevetti o fallendo nell’evidenziare punti sostanziali quali, ad esempio: il cambiamento delle regole creerà più problemi di quanti potrà risolverne; gli attuali 13.000 brevetti esistenti potranno seriamente essere spazzati via, con grande irritazione degli imprenditori europei; l’innovazione e il business verranno colpiti da costose battaglie legali. Ma nonostante questa visione fin troppo tagliata con l’accetta, l’articolo offre una panoramica approfondita e sostanzialmente equilibrata sui pro e contro dei contrapposti scenari. Ai quali va comunque aggiunta, per dovere di verità, la buona dose di ragionevolezza su cui si basano, tipicamente, le posizioni dei gruppi già nominati. Come pure le dettagliate contro-proposte messe a punto dalla stessa FFII in un documento che merita parecchia attenzione e che potrebbe rivelarsi punto di svolta della spinosa questione.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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