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Storia della MaViP

08 Maggio 2014

Storia della MaViP

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Il percorso quasi magico, quasi sempre prevedibile, che porta alla creazione di un'applicazione come nessun'altra. Veramente.

C’era una volta una lampada con un genio. Strofinandola, il genio compariva e, un po’ annoiato, esordiva da secoli con la stessa frase: “Oooooh… tu, uomo fortunato bla bla bla. Sono il genio della lampada bla bla bla. Hai tre desideri”.
Esiste una storia simile che si ripete da anni. Inizia così:
C’era una volta un designer. Non un designer qualunque: un Interaction Designer, o User Experience Designer… insomma c’era una volta e c’è oggi più che mai un Progettista di Interfacce e di Esperienze Utente. Ogni volta che viene evocato, compare nello studio di un Cliente e si presenta sempre allo stesso modo.
– Buongiorno! Non sono qui per creare l’impossibile ma sono sicuro che insieme riusciremo a realizzare i vostri sogni.
Il Cliente, spesso rappresentato da una moltitudine di diverse figure professionali, esclama sempre allo stesso modo:
– Perfetto! Allora noi vogliamo l’app MaViP, l’app mai vista prima!
– Fantastico! – risponde il Progettista – A chi sarà rivolta?
– Ai bambini! – risponde uno del gruppo.
– Ma anche ai grandi – aggiunge un altro.
– Senza dimenticare i gatti! – afferma un altro ancora.
– Ma perché solo i gatti? Anche ai cani! – riprende il primo.
– Perché limitarci? Per tutti! – conclude il referente del gruppo.

User Interface tasks

La progettazione delle interfacce utente è meno semplice di come appare.


La progettazione è ormai iniziata. L’app MaViP è ormai nelle menti dei suoi interlocutori e la stanno già progettando. Da sotto il tavolo compaiono bozze di interfaccia, diagrammi di flusso e anche qualche riga di codice.
– Forse dovremmo pensare a un target più ristretto, solo per iniziare – esprime con timidezza il Progettista.
– Giusto! – risponde il referente del gruppo.
– Vero! – lo assecondano in coro gli altri.
– Io dico dai 6 ai 13 anni – dice il primo.
– Ma no, no, vi sbagliate; è dai 14 ai 18 – riprende il secondo.
– Propongo da 0 a 55 anni! – conclude l’ultimo.
Non credo che così riusciremo a creare l’app MaViP. Dobbiamo fare un piccolo sforzo – replica timoroso il Progettista.
Davanti a lui il silenzio. Tutti lo guardano con fare circospetto. Lo studiano. Lo osservano. Bisbigliano e mugugnano.
– Ma insomma, caro Genio Progettista, noi ti abbiamo chiamato, tu esaudisci i nostri desideri! Stai facendo resistenza? Cosa sono tutti questi paletti? Cerca di farlo tu lo sforzo, cerca di essere flessibile!
– No, ma io volevo solo dire che…
– Niente ma, niente che! Noi vogliamo la MaViP!
– Siii, vogliamo la MaViP!
Che cosa fa in questi casi il Progettista? Porta a casa tutti gli appunti e gli spunti e beve tanto caffé con la speranza di trovare la soluzione nel fondo delle tazzine.
Una volta individuato il tema, e quindi il modello di business più adatto al progetto, identifica il possibile target (gli utenti) e quali potrebbero essere i dispositivi adatti per accogliere l’app (smartphone, tablet, TV, pentole o forni a microonde). Fatto questo, prepara slide (o altri materiali utili; a volte potrebbe vestirsi da Genio della Lampada) e aspetta di essere evocato una seconda volta, oppure si presenta di sua spontanea volontà con il supporto di altre figure professionali.
Quando questo avviene, il Progettista si presenta con carta magica interattiva (paper prototyping) ed esempi di prodotti simili (se esistono) con i loro rispettivi successi e insuccessi.
Va a finire che i desideri vengono quasi sempre esauditi (molto dipende anche da quante evocazioni sono necessarie per farli esaudire). Il target è stato trovato, i dispositivi sono stati approvati e il modello di business è chiaro e definito: la MaViP prende vita (a volte).
La realtà non è proprio uguale al Genio della Lampada. In questo caso le evocazioni sono solo la punta dell’iceberg. Per rendere semplici e poco dolorose, progettazione e produzione, bisognerebbe avere una vera lampada magica, o una teiera, e un vero genio che esprima tre desideri… ma questa, mi sembra chiaro, è proprio un’altra storia.

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