Cose di sei mesi fa: l’anticipazione della World Conference on International Telecommunications. È partita davvero e i sei mesi sono passati in perfetta anestesia mediale.
Sulla pagina di presentazione dell’evento il linguaggio è classicamente politichese, quello dove se c’è di mezzo una guerra si parla di pace, i licenziamenti sono regolati da norme sul diritto al lavoro, la legge elettorale serve a garantire gli eletti invece degli elettori. E infatti:
Questo convegno storico rivedrà le attuali regole sulla telecomunicazione internazionale, il trattato globale vincolante progettato per facilitare l’interconnessione e l’interoperabilità internazionale dei servizi di informazione e comunicazione, così come assicurarne l’efficienza e la diffusa utilità e disponibilità pubblica.
Tradotto, lavoriamo per una Internet meno interconnessa e interoperabile, meno efficiente e disponibile. Leggo da Fast Company:
Un primo tentativo da parte di Stati Uniti e Canada di limitare il controllo governativo su Internet è fallito. Le due nazioni, con l’appoggio europeo, speravano di eliminare il tema dall’agenda. […] La delegazione russa sta cercando di introdurre una clausola che porta sotto controllo statale gestione, nomi di dominio, indirizzi e ciò che descrivono come “infrastruttura di base di Internet”.
Ma sono buoni contro cattivi? Speriamo che arrivino i nostri? O lottiamo per conservare privilegi occidentali? La mia posizione è la seguente:
Pare che al momento la crescita di Internet sia spettacolare, con i tassi più elevati nei Paesi in via di sviluppo. Pochi anni fa abbiamo creato la World Wide Web Foundation nell’ansia che la connettività fosse rilevante; invece oggi sta chiaramente diventando ubiqua e dobbiamo preoccuparci di altro, per esempio della neutralità della rete e del fatto che i governi blocchino Internet o la usino per spiare. Molte ansie che ho sentito riguardano la possibilità che le nazioni desiderose di bloccare e filtrare Internet usino un trattato internazionale per raggiungere l’obiettivo e forzare le altre nazioni a prenderne atto.
Io sto con Sir Tim Berners-Lee.