I signori di O’Reilly Media (mica un Pizzingrilli qualsiasi) hanno rilasciato un interessante rapporto in cui sostengono che i siti web realizzati usando soltanto HTML, CSS e JavaScript stanno attraversando una seconda giovinezza.
Erano l’unica possibilità negli anni novanta, ma sono diventati marginali quando — a cavallo del passaggio di millennio — i linguaggi come PHP, Python, Perl (le “tre P” di Internet) hanno permesso agli sviluppatori del web di aggiungere programmazione sul server, dilagando. Oggi tornano di attualità, secondo O’Reilly, un po’ perché non c’è nulla di più sicuro che un server che non esegue alcuna programmazione ad hoc ma si limita a restituire pagine statiche, un po’ perché la maggior parte delle aziende in effetti non ha alcun bisogno di editare tutti i giorni i contenuti del suo sito web e allora tanto vale farli per bene e farli una volta sola.
Ci credono così tanto, i ricercatori e divulgatori della casa americana, che terranno nel marzo 2016, a San Francisco, un simposio dedicato all’argomento. Da dire in proposito c’è molto, a cominciare da una trattazione dei nuovi strumenti di sviluppo per siti statici, come Jekyll, Wintersmith o Hugo. Insomma, webdesigner di tutto il mondo unitevi, non avete da perdere che il vostro Dreamweaver.
Idea interessante e stimolante, ma più che altro una provocazione. Dopotutto si può anche dire che, dopo vent’anni, stan tornando di moda i plugin, visto il successo delle estensioni e il fatto che la critica più rivolta a Microsoft Edge è proprio la sua incapacità di supportarle.
Una provocazione intelligente, molto intelligente, per carità. Se volete fare un blog, per dire, oggi non c’è più bisogno di mettervi nelle mani di WordPress e sperare di trovare il tempo di aggiornarlo tutte le volte che qualcuno scopre un metodo per bucarlo (il che, mi sbaglierò, mi pare avvenga quasi tutti i mesi). Molto meglio accettare i commenti incorporando Facebook con un po’ di JavaScript.
Però… i siti dinamici (o, più appropriatamente, dotati di programmazione sul server) sono matematicamente un insieme che contiene i siti statici (dotati solo di programmazione JavaScript che gira dentro al browser), quindi non vedo come la sottrazione di una possibilità possa diventare the next big thing.
Certo, se tolgo al server il peso di eseguire i programmi scritti con le tre P (o in Ruby, o in JavaScript, o in Java…) lo rendo più performante, ma i problemi prestazionali si sono già affrontati e risolti altrimenti. Su questo però vorrei passare la parola ad Andrea Granata, che sicuramente può chiarire la faccenda.