Solamente negli Stati Uniti sono circa 120 mila persone ad aspettare un trapianto di organo. Sofferenze che potrebbero essere alleviate da organi artificiali, in tutto e per tutto simili a quelli di cui ci ha dotato madre natura.
Che le stampanti siano un mezzo adatto allo scopo l’hanno già dimostrato i ricercatori dell’Università di Cambridge, i quali senza scomodare apparecchi tridimensionali hanno caricato una normale stampante a getto d’inchiostro con cellule isolate dalla retina di un ratto adulto. Opportunamente spruzzate tramite una testina di stampa modificata, dovrebbero consentire la ricostruzione della retina nei pazienti affetti da maculopatie gravi, ridando la vista.
Con le stampanti 3D, capaci di creare oggetti tridimensionali, le prospettive si allargano notevolmente. Padiglioni auricolari, protesi scheletriche, falangi e trachee sono solamente alcuni dei pezzi realizzati e più o meno sostitutivi degli originali, perlomeno fino a che devono avere una funzione puramente strutturale, senza le attività biologiche tipiche di un vero tessuto umano.
All’Università di Harvard hanno creato di più. Con quattro testine comandate da un opportuno microcontrollore sono riusciti a sovrapporre degli inchiostri speciali denominati bio-ink, alcuni dei quali con l’inusuale capacità di fondere raffreddandosi così da costruire, tramite specifici passaggi, tubetti contenenti cellule sanguigne sovrapposti ad altri tessuti contenenti cellule di altro tipo, per esempio epiteliali. In parole povere: sono capaci di ricostruire la pelle irrorata di sangue e molti altri organi. Spiega Don Ingber, il direttore del dipartimento della ricerca suddetta:
La capacità di formare reti vascolari funzionali nei tessuti 3D prima dell’impianto permette non solo di creare tessuti spessi, ma offre la possibilità di collegare chirurgicamente queste reti alla vascolarizzazione naturale per facilitare l’immediata perfusione del tessuto impiantato, così da aumentarne notevolmente l’attecchimento e quindi la sopravvivenza.
Un salto di qualità che consentirà anche di studiare l’effetto dei farmaci su particolari cellule del nostro corpo, inserite nel loro ambiente naturale, ma stampato artificialmente. Roba da fantascienza? Assolutamente no. Roba da maker, bio.