Gli Internet Service Provider inglesi, seguendo l’esempio statunitense, hanno iniziato a tracciare i comportamenti online degli utenti per veicolare campagne pubblicitarie mirate. Si tratta di «behavioral advertising», cioè una sorta di «pubblicità comportamentale» capace di rendere le campagne nettamente più efficienti e remunerative.
Gli esperti del settore sono convinti che, approfittando di questo strumento, i provider possano fatturare, rispetto al solito, in media circa 112 milioni di euro all’anno in più. In Inghilterra il network pubblicitario Phorm ha convinto ad aderire al progetto colossi come BT, Virgin Media e Carphone Warehouse. In questo modo quasi il 70% degli utenti è destinato ad essere raggiunto da campagne «behavioral».
Per quanto riguarda il rischi correlati ad eventuali abusi sulla privacy, Phorm è convinto che il sistema di protezione dei dati sensibili funzioni egregiamente e che non ci siano rischi per i consumatori. Altri sono di parere contrario; comunque i provider hanno anticipato tutti sul tempo: ogni cliente può decidere se aderire o meno al programma.