Gli utenti di computer dell’ultima generazione hanno dimenticato che cosa significava un tempo formattare testi per la stampa. Lo hanno riscoperto recentemente con il codice HTML, dove per indicare un termine in grassetto è necessario inserire un codice speciale prima e dopo la parola da evidenziare.
Linux possiede un sistema di formattazione dei documenti molto potente, basato però su questo principio: dobbiamo inserire a mano tutte le informazioni di formattazione, relative allo stile, al carattere, alla dimensione della pagina e così via. Si tratta del TeX (pronuncia “Tèc”), strumento molto conosciuto in ambito scientifico proprio per via della sua estrema versatilità.
Non si tratta di un editor come lo intendono gli utenti di Word. Non è un programma WYSIWYG e non consente di visualizzare in tempo reale le formattazioni che stiamo inserendo. È in realtà un set di piccole applicazioni che “processano” i file scritti in questo linguaggio (e sì, il TeX è qualcosa di molto più simile a un linguaggio di programmazione che a un editor) producendo come risultato un file pronto per la stampa (generalmente un PostScript o un PDF).
Fin qui, nulla da temere per Microsoft. La semplicità di utilizzo di Word non viene messa in discussione di fronte a uno strumento quasi da “hacker”. Ma è interessante la potenza di questo linguaggio. Nella comunità scientifica è molto usato nella scrittura di documentazione contenente simbologia o formule complesse, dalla matematica alla chimica.
In tali casi il suo utilizzo diventa conveniente, molto più di Equation Editor. Ma qualcuno ha pensato di spingere ancora oltre le capacità di formattazione del TeX ed è nato così MusixTeX. I musicisti che si sono cimentati con i programmi di notazione musicale ben sanno quanto sia difficile riuscire a ottenere un risultato ottimale, soprattutto se non ci si possono permettere prodotti di fascia alta (nel senso del prezzo). MusixTeX, come Linux del resto, è invece gratuito e offre possibilità praticamente illimitate.
Dov’è la fregatura? Beh, un piccolo problema c’è ed è la sua “leggera” difficoltà di utilizzo. Se diamo un’occhiata al file sorgente che ha permesso la creazione dello spartito in figura, sentiremo un leggero brivido percorrere la nostra schiena:
ifxftransposeundefineddefftranspose{0}fi
ifxfsignatureundefineddeffsignature{-1}fi
ifxmxversionundefined
input musixtex
input musixcpt
input musixsty
fi
fullauthor{Daniel TAUPIN}
shortauthor{D. Taupin}
shorttitle{Fantaisie en style romantique}
title{Fantaisie en style romantique}
e così via.
Ma aspettiamo a fasciarci la testa. In realtà il linguaggio di MusixTeX non è poi così complicato. Gli autori suggeriscono di imparare a conoscere un po’ il TeX prima di cimentarsi con questo giocattolo, e in effetti non è un’idea sbagliata. Tuttavia i concetti necessari per scrivere musica in questo modo non sono poi tanti. Le note vengono indicate con la notazione anglosassone (a, b, c, d, e, f, g), utilizzando apici (o le lettere seguenti) per indicare le altre ottave. Sempre attraverso codici alfabetici vengono indicate le durate delle note, le chiavi, le alterazioni e via dicendo.
Il difficile viene poi quando occorre unire le note in gruppi, applicare legature di valore, inserire abbellimenti e altri simboli. Difficile, ma non impossibile. Il bello è questo: possiamo scrivere praticamente qualunque cosa, persino musica contemporanea, con tutte le particolarità che tale notazione spesso introduce. Persino la notazione gregoriana con i neumi e il caratteristico rigo a quattro linee può essere gestita tranquillamente da MusixTeX. Il pacchetto è corredato, tra l’altro, di un buon manuale già impaginato (ovviamente in TeX) e pronto per essere stampato.
Sito ftp: ftp://hprib.lps.u-psud.fr/pub/musixtex
FAQ: ftp://ftp.gmd.de/music/mutex/faq