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Social media e influenza, un po’ di numeri italiani

23 Giugno 2011

Social media e influenza, un po’ di numeri italiani

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Da una ricerca appena pubblicata arrivano indicazioni aggiornate e molto interessanti sul rapporto tra utenti dei social network e decisioni d'acquisto

Di social media parliamo tutti tanto, tantissimo, anche a sproposito. Per chi deve prendere le decisioni in azienda, però, la domanda più scottante – sicuramente quella che mi rivolgono di più – è: quanto e come i social media impattano sul mio business? Posso usarli per investimenti misurabili a breve o lungo termine sui fatturati? Al di là di affermazioni affascinanti e un po’ ideologiche come «il Roi dei social media è che la tua azienda tra qualche anno sarà ancora viva» o domande tipo «ma qual è il Roi di tua mamma?», qualche informazione di più serve, anche per chiarire le idee a tutte quelle persone che non sono immerse quotidianamente come noi in questo mondo, ma ne decidono le sorti attraverso gli investimenti. In questo contesto, un po’ di numeri stanno uscendo, sopratutto numeri specifici per il mercato italiano (che gli Stati Uniti, si sa, sono un’altra cosa).

Utenti e consumatori

Torno quindi sull’argomento e condivido alcuni highlights di una ricerca fresca fresca intitolata Le decisioni di acquisto degli utenti Facebook – prodotta da Ispo e commissionata da Barabino&Partners, che gentilmente me l’ha messa a disposizione. La ricerca non è pubblica, almeno non ancora. Visto che è articolata, tento una sintesi dei dati più interessanti.

1) Il 32% degli utenti Facebook consulta i social media prima dei propri acquisti. Che si tratti di acquisti online o in negozi tradizionali, a circa un terzo degli intervistati capita di cercare informazioni sui social media come Facebook, Twitter eccetera. Chiaro che si tratta di una minoranza degli italiani, pari a circa 6 milioni. Ma coi tempi che corrono, su 6 milioni di consumatori non si sputa di certo. E senza stare lì a fare tante discussioni sul fatto che siano target ad alto potenziale economico e via dicendo, ricordiamo per dare un ordine di grandezza, che il quotidiano più letto in Italia è la Gazzetta dello Sport, che fa “solo” 4 milioni abbondanti di lettori.

2) Le categorie merceologiche su cui si cercano più informazioni sui social media sono: intrattenimento (musica, libri, cinema, dvd), viaggi e vacanze, tecnologia, abbigliamento e telefonia. Più staccati prodotti per bellezza, auto, moto, cibo e bevande. Non sorprende troppo che per le donne siano più i prodotti di abbigliamento e cura di sé a guidare la classifica, mentre gli uomini hanno una maggiore propensione verso la tecnologia. E i giovani (18-24) hanno una forte propensione verso l’intrattenimento, ma anche l’abbigliamento e la tecnologia. A questo punto è lecito domandarsi, però, se le persone sono pronte, disponibili a relazionarsi con le aziende sui social media, dato che esistono molte opinioni differenti sull’argomento.

3) Il 55% degli utenti Facebook è entrato in una pagina aziendale. Circa 11 milioni di persone hanno interagito almeno una volta con una qualche pagina aziendale, come minimo hanno letto un contenuto, si sono esposti (se l’azienda ha fatto le cose per bene) a un messaggio di marketing, di marca, di prodotto. Quindi non possiamo proprio dire che esistano forme di rifiuto aprioristiche allargate nei confronti delle marche sui social media (la mia opinione è che ci siano rifiuti fortissimi verso le marche che si muovono male, piuttosto).

4) L’11% degli utenti Facebook italiani ha partecipato a una discussione in una pagina aziendale. Significa oltre due milioni di persone, che non è un numero da buttare via, anzi. Per confronto, in una giornata a caso SkySport 24 ha avuto 1.8 milioni di spettatori unici.

5) In ambito “social”, gli utenti Facebook si fidano maggiormente delle comunità sociali. Ma anche dei forum e, in misura minore, dei siti di domande come Yahoo! Answers, Quora eccetera. Mi sorprende un po’ che ci si fidi molto meno dei blog, così come gli utenti Facebook si fidano pochissimo di Twitter, ma c’è da capire se per esempio sia perché non lo conoscono bene. Solo un 20% di loro ritiene che nessun social media sia attendibile. E sempre un 20% (probabilmente diverso dal precedente) reputa molto o abbastanza influenti le opinioni dei propri contatti in materia di decisioni d’acquisto. Qui mi sembra evidente che riconferma ciò che ci si dice da tempo: avere un’opinione da qualcuno che si conosce pesa di più che vedere una comunicazione inevitabilmente di parte. E quindi mi sento riconfermato nel pensare che la maniera migliore di dire una cosa sul nostro prodotto sia farlo dire a qualcun altro.

Progetti seri

Emergono dunque significative indicazioni che riconfermano quello che già sospettavamo con forza: i social media hanno assunto un potenziale significativo nel processo di decisione e di scelta d’acquisto. Nella possibilità di dialogare e quindi orientare anche gli acquisti. Nel lavorare sulla reputazione, sull’immagine aziendale, sui valori percepiti di marca, sulla costruzione di empatia. Adesso resta solo, specialmente in Italia, la necessità di realizzare progetti seri, ben impostati e orientati (anche) alla misurabilità dei risultati. Se vogliamo dei numeri, dobbiamo darci da fare per sfruttare le opportunità del mercato, ma sopratutto fare in modo che l’approccio al progetto sia analitico e di business, e non semplicemente un volo emotivo, un buttare il cuore oltre l’ostacolo.

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