L’anno scorso, in questo sito, si era parlato della “questione SiteFinder”, il sistema di reindirizzamento di VeriSign che era stato accusato di dirottare indirizzi non assegnati o digitati in modo sbagliato, verso il sito di proprietà di VeriSign stessa, regalandole un traffico gigantesco e ripercussioni pubblicitarie potenzialmente enormi.
Il servizio era stato soppresso in seguito a una serie di proteste e alla richiesta formale dell’ICANN di sospenderlo e di ripristinare la situazione precedente, avendo constatato “le importanti manifestazione di inquietudine riguardo l’impatto che SiteFinder avrebbe potuto avere sulla sicurezza e la stabilità di Internet”.
Il motore di ricerca SiteFinder era accusato di “non rientrare negli accordi contrattuali di VeriSign” e di costituire violazione del codice di condotta definito nel contratto. Così facendo, affermava l’ICANN, VeriSign “ha mancato ai suoi obblighi di fornire un servizio uguale per tutti”.
Come è noto, VeriSign, numero uno mondiale dei certificati di sicurezza, attore importante nel campo dei nomi di dominio in qualità di registrar, è, dal 1999, il gestore dei suffissi “.com” e “.net”.
Il Registrar, dopo aver chiuso il sistema di reindirizzamento SiteFinder, aveva avviato una procedura giudiziaria nei confronti dell’ICANN, accusandola di abuso di posizione dominante. L’accusa è stata respinta, in questi giorni, da un tribunale federale della California, che l’ha ritenuta priva di fondamento.
La contestata decisione dell’ICANN si era basata su una relazione di 85 pagine redatta grazie anche alle testimonianze dei competitor di VeriSign, da cui emergeva che SiteFinder andava “contro gli standard della comunità e arrecava danno a individui e imprese”. Relazione che i giudici hanno ritenuto valida a tutti gli effetti.