[Pubblichiamo un estratto dal libro Google SEO, che fa il punto sulle tecniche e gli strumenti per migliorare il posizionamento delle proprietà web sul motore di ricerca e, tanti anni dopo la lascita di Google, anche molto altro.]
È probabile che, tanto o poco, abbiamo seminato in lungo e in largo per la Rete informazioni circa la nostra attività o la nostra persona, e ci sono dei luoghi che Google considera come dei database dai quali poter attingere. Alcuni di questi luoghi sono: il suo stesso database, Wikipedia e WikiData.
E nel maggio del 2012 Google ha rilasciato Google Knowledge Graph. Immaginiamo una sorta di rete che raccoglie milioni di pezzi di dati sulle parole chiave più utilizzate dalle persone e l’intento dietro tali parole chiave, sulla base dei contenuti già disponibili in Rete. In questa maniera Google è in grado di rispondere a domande relativamente a persone, luoghi e fatti, senza che la domanda – la parola chiave cercata – debba essere troppo puntuale. Per vedere Knowledge Graph in azione, iniziamo a digitare su Google la parola chiave michael jordan.
Qui salta all’occhio la collezione di informazioni correlate attorno all’entità di Michael Jordan: data di nascita, altezza, patrimonio netto eccetera. Il dettaglio più raffinato è rappresentato dalle altre entità che Google suggerisce in coda alle informazioni; e ci sono tre informazioni con un diverso livello di profondità:
- altri giocatori di pallacanestro (facile);
- l’attuale moglie (già un pizzico più arduo, ma non troppo);
- l’ex moglie (che ci fa intendere la memoria storica e l’aggiornamento delle relazioni tra le entità; per nulla banale).
Se vogliamo mettere maggiormente alla prova Google, proviamo invece a digitare una parola chiave un po’ meno specifica, tipo attori famosi.
Qualche ulteriore riflessione rispetto all’esempio.
- Apparentemente basta aver associato a Brad Pitt il fatto che sia un attore (facile).
- Ha classificato gli attori secondo un indice (quelli famosi), e per Google non dovrebbe essere complesso redigere una classifica.
- Se pensiamo che la risposta (l’elenco degli attori) sia sufficientemente ovvia, allora Google ha fatto un gran lavoro. Dobbiamo tenere presente, infatti, che se tra esseri umani ci chiediamo di menzionare alcuni attori famosi, il nostro cervello può godere di diverse informazioni di contesto (per citarne alcune): siamo in Italia e, nonostante la tradizione cinematografica, ci rifacciamo molto a produzioni statunitensi; possiamo fare una carrellata mentale di ultimi titoli usciti al cinema, eventuali premi Oscar appena assegnati, titoli che si rifanno a capolavori del cinema. Molte di queste informazioni escono dal campo di azione di Google e se il medesimo è riuscito ad arrivare vicino alla stessa risposta che avrebbe dato un essere umano, allora sta facendo davvero un gran lavoro perché sì, è in grado di archiviare molte più informazioni di noi, ma è manchevole di molte informazioni di contesto che noi esseri umani elaboriamo praticamente senza rendercene conto.
L’attività di continuare a incrementare e arricchire il database non è certo conclusa: per Google sono informazioni preziose e quindi continua a invitare i proprietari dei siti web a fornire via via sempre più dettagli.
Un esempio è l’osservazione di un test che sembra aggiungere la possibilità di contemplare delle offerte, delle promozioni, direttamente nel pannello di Knowledge Graph presente nelle SERP (Search Engine Results Page).
Per chi si occupa di SEO e per i webmaster, tutto questo correlare tra loro le entità e riproporre già nella pagina dei risultati di ricerca le informazioni desiderate, ha due impatti notevoli, che vedremo nei due paragrafi a seguire.
Rich snippet e rich card
Riassumendo: nei passaggi precedenti abbiamo menzionato risultati organici (snippet) che vengono arricchiti con informazioni aggiuntive, si chiamano rich snippet. In linea di massima si ottengono mediante l’adozione del protocollo Schema.org e la selezione di quali informazioni inserire all’interno dell’annuncio è lasciata a Google. Si tratta di una bella opportunità perché se nessuno o pochi dei siti che Google presenta assieme al nostro per la parola chiave che ci interessa, hanno adottato Schema.org, questo ci potrebbe dare una spinta interessante in termini di visibilità (ma non di posizionamento); come già detto, è bene sapere che si tratta di una strategia sul breve/medio periodo (a seconda di quanti nostri competitori hanno già adottato il protocollo) ma visto lo sforzo necessario (basso), si tratta sicuramente di una strada da percorrere. E comunque consente a Google di capire ancora meglio i contenuti del sito, che è un risultato al quale tendere sempre quando si parla di SEO.
Anche se si tratta di una bella opportunità sono solito contemplare anche un altro punto di vista, forse meno entusiasta. E per dare il quadro completo, introduco anche l’evoluzione dei rich snippet: le rich card, che sono pensate per funzionare ed essere visualizzate su mobile.
Le informazioni presenti nello snippet sono scritte originariamente da un essere umano e un incaricato SEO ha sufficienti margini di libertà per far stampare a video quello che ritiene più strategico a livello di copywriting (anche se non per tutti i casi, a dir la verità).
Nel caso dei rich snippet, le informazioni sono ancora prese dal sito web – e quindi precedentemente scritte da un essere umano – ma lo schema consente meno margini di manovra: se per una ricetta Google ha deciso di visualizzare voto, recensioni, tempo di cottura e calorie, questo andrà a ridurre lo spazio per il copy. Punto.
Le rich card enfatizzano ancor di più questa direzione: Google si arrangia a comporre lo snippet con le informazioni riportate nel sito web. È vero, tali informazioni le abbiamo inserite noi, ma non c’è più spazio per la creatività, il copywriting, la comunicazione sulle SERP.
E nonostante questo punto di vista un pizzico più triste, perché lascia alla comunicazione meno spazio di manovra, si tratta comunque di una strada da percorrere; nel caso delle rich card ancora di più dei rich snippet perché adottare il protocollo potrebbe significare ricevere una spinta – in termini di posizionamento – nelle SERP.Facciamo riferimento all’esempio riportato nella figura sottostante, si tratta della parola chiave greek pistachio cercata su Google.com.
Tra i risultati organici da desktop si vede primeggiare il sito web My Greek Dish; tra quelli mobile, grazie all’adozione delle rich card, invece il primo risultato è il sito web Fine Dining Lovers. Due riflessioni:
- il sito web My Greek Dish ha perso parecchio in termini di visibilità, oltre che di posizionamento, perché le rich card attirano maggiormente l’attenzione delle persone che cercano (oltre a essere presentate come primo elemento);
- il sito web Fine Dining Lovers ha guadagnato molta visibilità, considerando il fatto che da desktop non è nemmeno tra i primi tre risultati.
Un’altra bella opportunità offerta dalle rich card è rappresentata dalle pagine elenco: se nel sito web abbiamo una pagina che elenca altre pagine, per esempio l’elenco delle ricette che hanno una base fatta con il curry, possiamo etichettare le informazioni presenti anche in questa pagina (quindi senza limitarci alle pagine delle singole ricette) e ambire a ottenere un risultato simile a quello riportato nella prossima figura.
Questa rich card, parlando proprio in termini di pixel, è in grado di occupare ancora più spazio (leggasi, ancora più visibilità, attenzione) anche a discapito degli altri siti che stanno nella stessa SERP e, dettaglio ancora più importante, fa riferimento al medesimo sito web.