In una raccomandazione del 29 novembre 2001, la francese Cnil (Commission nationale de l’informatique et des libertés) ha affermato che è ormai necessario e urgente adottare le misure più opportune per garantire che le decisioni giudiziarie diffuse su Internet, su siti accessibili al vasto pubblico, vengano pubblicate senza l’indicazione del nominativo e dell’indirizzo delle parti e dei testimoni.
Attualmente, infatti, chiunque navighi su Internet può avere accesso facilmente – mediante i motori di ricerca, i siti specializzati o i giornali online – al contenuto delle decisioni giudiziarie, che sono considerate, salvo alcune particolari eccezioni, informazioni di carattere pubblico.
La presa di posizione della Cnil, che non mancherà di suscitare polemiche, è stata presentata come il risultato di due anni di studi e di consultazioni con gli organi giurisdizionali.
La raccomandazione sottolinea che il problema del contemperamento tra la libertà d’informazione e la tutela della vita privata, in relazione alla pubblicazione delle sentenze, è stato inizialmente trascurato, in quanto l’accesso ai dati giuridici era relativamente oneroso e, quindi, generalmente riservato ai professionisti del settore.
L’abbassamento dei costi di connessione alla Rete, la facilità di duplicazione delle informazioni e l’utilizzo dei motori di ricerca hanno ora cambiato completamente i termini della questione.
Il fatto di essere stati parti o testimoni in un procedimento giudiziario costituisce, sostiene la Cnil, un’informazione riservata, che se diffusa può essere causa di pregiudizi e discriminazioni nei confronti dell’interessato.
L’archivio informatico del casellario giudiziario francese è uno dei più protetti e meno accessibili, in virtù del carattere delle informazioni che vi sono contenute, al fine di garantire “il rispetto della vita privata delle persone interessate e le loro possibilità di reinserimento”.
È sufficiente, però, che il nome di un imputato sia citato in un articolo di giornale perché, con la pubblicazione online del giornale stesso, aumenti in maniera esponenziale la diffusione delle informazioni di carattere giudiziario.
La Cnil ha, perciò, invitato la stampa a una “riflessione di carattere deontologico”, sostenendo che l’indicazione dei dati completi relativi agli interessati non è fondamentale per garantire la libertà d’informazione giudiziaria e auspicando che tali indicazioni vengano sostituite dalle sole iniziali degli interessati e che, nel caso dei siti a pagamento, venga omesso almeno l’indirizzo.
Molto probabilmente il contenuto della raccomandazione del Cnil confluirà nel testo del disegno di legge francese sulla società dell’informazione (LSI), che dovrà essere esaminato l’anno prossimo.
Di segno contrario, invece, una recente sentenza del Tribunal de grande instance di Parigi – di cui si è parlato in questo sito – che ha riconosciuto l’applicabilità alle pubblicazioni online delle norme, dettate per la stampa cartacea e audiovisiva, che derogano al principio generale che vieta il trattamento dei dati personali concernenti le vicende giudiziarie.