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Sempre più benefico usare open source e free software

25 Marzo 2003

Sempre più benefico usare open source e free software

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Trend in crescita per e-commerce e enterprise in USA, mentre in India il software libero migliora la qualità degli elenchi telefonici

Prosegue l’avanzata di Linux in ambiti chiave dell’imprenditoria USA quali e-commerce e enterprise. L’ennesima conferma arriva da un recente articolo apparso su E-Commerce Times, in cui si ribadiscono le tipicità del passaggio al pinguino: maggiore sicurezza, costi ridotti e, per alcuni, la possibilità di “annoverarsi tra i clienti di una azienda che non sia Microsoft”. Riferimento esplicito, manco a dirlo, a Red Hat, nome sempre più in vetta alle preferenze dell’utenza medio-alta. I cui dirigenti non fanno certo mistero della rampante adozione di prodotti Linux in settori vitali come i servizi finanziari e le agenzie governative. Spiega Mark de Visser, vicepresidente del marketing per Red Hat: “la nostra azienda è molto ben posizionata all’interno del movimento Linux, abbiamo esperienza con i problemi tecnologici più complessi; e se guardiamo le agenzie finanziarie di New York che sono passate a Linux, in nove casi su dieci noi siamo parte esplicita di tale passaggio.” Aggiungendo come oggigiorno sia impossibile incontrare un dirigente industriale che “non abbia già preso in considerazione Linux e non abbia una strategia al riguardo, né dobbiamo più perdere tempo a illustrarne i benefici; sono tutti bene informati su Linux”.

Un mutamento di tendenza in crescita continua basato sulla risonanza di iniziative tipo quella di IBM, che ha annunciato investimenti pari a un miliardo di dollari per il supporto di Linux nell’enterprise. O anche del sostegno sempre più convinto annunciato recentemente da Oracle, con l’abbraccio del sistema open source a seguito dell’abbandono dell’Unix proprietario. Senza dimenticare l’offerta di applicazioni, assistenza e integrazioni verso Linux offerte da nomi quali Sun e Hewlett-Packard, tra gli altri. Gli esperti concordano, come rileva Ted Schadler per Forrester Research: “In parecchie aziende il passaggio a Linux fa molto senso, e credo molte altre stiano soppesando il modo di utilizzarlo al meglio all’interno del proprio settore.” Nel complesso, quindi, il 2003 potrebbe rivelarsi un anno-chiave per le dinamiche in atto e per il futuro stesso del sistema open source, ora che le prospettive di una maggiore interoperabilità e sicurezza vanno rapidamente trasformandosi in realtà.

Passando all’India, non è certo un mistero come questo vada incluso tra i paesi in cui il software libero (e l’open source) vanta un alto livello di penetrazione. L’ultima conferma arriva dalle nuove strategie per la preparazione e la stampa degli elenchi telefonici distribuiti nel sud del paese — grazie, appunto, all’opportuno impiego di programmi free software. Si stima così che per almeno un terzo del milione di abitanti della provincia del Kerala la ricerca di nuovi numeri e abbonati risulterà più veloce e accurata, ponendo così fine al processo, notoriamente lungo e complesso (come per altri ambiti nella quotidianità indiana), della stesura e diffusione degli elenchi. Questo era solito provocare confusione e frustrazione a ogni malcapitato alla ricerca dei numeri giusti. Stavolta l’ultima edizione degli elenchi relativi all’area urbana di Thiruvananthapuram, capitale del Kerala, è stata affidata alla locale River Valley Technologies, azienda informatica specializzata in soluzioni per l’editoria basate su software libero e open source.

In tal modo l’operazione di raccolta dei dati aggiornati e la relativa sistemazione si è conclusa con notevoli risparmi di tempo e di costi, garantendo altresì una maggiore accuratezza dei dati e dell’eleganza nel layout pre-stampa.
Le 400.000 copie dei due volumi (1.200 pagine per oltre 320.000 voci) stanno per essere distribuite a Thiruvananthapuram, con inusitato tempismo e un salto di qualità che non mancheranno di ottenere la soddisfazione degli utenti.
A conferma dell’attenzione per soluzioni informatiche alternative riscontrabile oggi in India, sia a livello di grandi corporation sia per gli usi più disparati della vita di ogni giorno.

A latere dell’open source va infine segnata la notizia appena diffusa da Apple Computer: la chiusura dell’iniziativa, riservata ai soli programmatori, che dava accesso al codice dell’ultima versione del browser, nota come Safari 67. Ciò onde ricevere commenti e procedere ad eventuali aggiustamenti del programma. Safari, il primo browser rilasciato dalla Apple, è basato su software open source e la prima versione di test è stata diffusa durante lo scorso Macworld di gennaio.
L’improvvisa decisione deriva dalla diffusione pubblica del codice su Internet, dovuta ovviamente a qualcuno direttamente coinvolto nell’iniziativa. L’annuncio è arrivato nel fine settimana tramite comunicati diffusi nei siti di utenti Mac oltre che email personali ai vari programmatori interessati. Pur avendo declinato ulteriori commenti, la Apple spiega tra l’altro nel testo di queste comunicazioni: “…sembra che alcuni tester abbiano fatto trapelare in pubblico svariate pre-release… sappiamo che la maggioranza di voi non è responsabile per quanto diffuso su Internet, e apprezziamo sinceramente il feedback, il tempo e la passione che ci avete fornito in questo progetto”.

Come parte del progetto Software Seeding, la Apple consente ai membri della Apple Developer Connection, ed altre persone interessate, il download di versioni pre-release di varie applicazioni. Pur quando si tratta, come stavolta, di versioni basate sull’open source, ai partecipanti viene precedentemente richiesto di firmare e rispettare la classica clausola di non-diffusione (nondisclosure agreement). Il documento specifica tra l’altro: “l’accesso al software è riservato soltanto a quanti abbiano sottoscritto il nondisclosure agreement… l’accesso da parte di altri è illegale e dannoso sia alla Apple sia a quanti sviluppano per le piattaforme Apple”.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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