Secondo Jani Patokallio, Publishing Platform Architect di Lonely Planet, gli ebook saranno presto obsoleti.
What will replace them? The same medium that already killed off the encyclopedia, the telephone directory and the atlas: the Web. For your regular linear fiction novel, or even readable tomes of non-fiction, a no-frills PDF does the job just fine. For more complicated, interactive, Web-like stuff, throw away the artificial shackles of ePub and embrace the full scope of HTML5, already supported by all major browsers and usable right now by several billion people.
Internet sembra essere il futuro (back to the future, nemmeno troppo paradossalmente) anche per chi gestisce contenuti tradizionalmente legati a magazine e quotidiani. In Why Publishers Don’t Like Apps, Jason Pontin, editore e editor in chief di Technology Review, spiega tra le altre cose (parlando dell’applicazione per iPad della testata):
We sold 353 subscriptions through the iPad. We never discovered how to avoid the necessity of designing both landscape and portrait versions of the magazine for the app. We wasted $124,000 on outsourced software development. We fought amongst ourselves, and people left the company.
Technology Review, seguendo la strada già percorsa – tra gli altri – dal Financial Times, ha deciso di abbandonare l’app nativa, riprogettare il sito e renderlo un’applicazione web.
In modi diversi, ebook e applicazioni sono oggetti chiusi, sconnessi (se non offline, quantomeno unnetworked). Hanno a che fare col web, ma esistono su un piano laterale. Il pensiero che sottende entrambi è banalissimo: reintrodurre la scarsità – governabile – a fronte dell’abbondanza – il Web, ingovernabile – per continuare ad applicare modelli di profitto noti.
Il limite – decisamente strutturale – di questo modello sta nell’esigenza di reinventare la ruota. Tentare di rendere un ebook a website in a box o cercare di infilare un magazine dentro un costoso software nativo legato a un hardware specifico invece di limitarsi a usare il Web in modo creativo (o anche soltanto appropriato) complica terribilmente il quadro (senza che ce ne sia effettivo bisogno) e rende impossibile la creazione di flussi di lavoro scalabili ed efficienti.
Tornare al web significa prima di tutto questo: poter gestire la produzione in modo più semplice e flessibile. Il tempo risparmiato dalla realizzazione di prodotti legati a un determinato tablet o ereader può essere speso in ricerca, progettazione e strategia. In prospettiva, può significare la costruzione di piattaforme di per sé integrate di accesso ai contenuti integrabili, che fanno leva sugli strumenti – in costante sviluppo – esistenti in continua nascita e modifica in Rete, accessibili attraverso qualsiasi dispositivo dotato di un browser.
A quanto pare in fondo, a due anni dall’annuncio del trapasso, il Web non è affatto morto.