Nel 1997, un tribunale dello Stato americano della Florida ha condannato a morte un cittadino spagnolo, Joaquin José Martinez, riconosciuto colpevole di duplice omicidio.
Qualche settimana fa, però, Martinez, dopo quindici mesi passati nel braccio della morte, è stato liberato grazie all’enorme mobilitazione organizzata via Internet, che ha permesso di raccogliere i fondi necessari per consentire la riapertura del suo processo.
I genitori del condannato, infatti, servendosi della Rete, sono riusciti a raccogliere quasi tutti i 610.000 euro necessari per pagare l’onorario del celebre avvocato Peter Raben, attraverso richieste di contributi presentate via e-mail, ai singoli e alle istituzioni.
Nel corso di due anni, inoltre, sono state create decine di siti concernenti il “caso Martinez”, per raccogliere fondi, ma anche per organizzare comitati di sostegno e dibattiti sulla pena di morte.
Anche Amnesty International si è interessata della vicenda e ha ospitato sul proprio sito le dichiarazioni di alcuni deputati e professori in merito alla giustizia americana.
L’avvocato Raben è riuscito, così, a ottenere che il processo fosse riaperto e ha potuto dimostrare l’infondatezza della decisione, per la totale mancanza di prove. Sulla scena del crimine, infatti, non erano state rinvenute né impronte digitali, né tracce di sangue o capelli appartenenti all’accusato; non c’erano testimoni e l’arma del delitto non era stata ritrovata.
La senatrice spagnola Rosa Vindel ha invitato gli internauti a mantenere viva la pressione contro la pena di morte, considerata anche la presenza di altri due spagnoli in attesa di esecuzione capitale nelle prigioni della Florida.