Nei centri di ricerca gli studi di biometria spesso rimandano a progetti affascinanti di interfacce bio-sensitive in grado di rispondere ai segnali emessi dal nostro corpo, ma la disciplina ha ora trovato un’applicazione più facilmente commercializzabile e quindi si comincia a parlarne anche sulla stampa.
Le aziende infatti cominciano a essere preoccupate per il fatto di non avere in mano nessuno strumento di controllo dei propri clienti per combattere le truffe. La sicurezza è infatti una questione aperta per entrambe le parti: clienti e venditori. Alcune aziende hanno, quindi, cominciato a guardare con interesse le tecnologie biometriche che codificano digitalmente le caratteristiche della voce, degli occhi, il viso e le mani, e associano l’identità con gli attributi biologici memorizzati in un file.
Tecnologie fino ad ora adottate soltanto da FBI e organizzazioni analoghe, sono oggi in sperimentazione presso alcune società come Drug Emporium, ING Direct Canada, Election.com, che hanno iniziato a provare i sistemi di scansione delle impronte digitali, per controllare l’identità degli utenti durante la prescrizione di farmaci, l’accesso a conti bancari o il voto ondine. Charles Schwab & Co. invece sta lavorando sul riconoscimento vocale.
Sicuramente la biometria ha caratteristiche di sicurezza migliori dell’utilizzo di password e la sua funzionalità, con l’evoluzione dei software e dell’hardware, non dovrebbe deludere le aspettative.
La scansione dell’impronta digitale potrebbe avvenire attraverso mouse e tastiere appositamente studiate.
Il dubbio più diffuso rispetto a questi sistemi è ovviamente la privacy. Ammesso e non concesso che le persone decidano di accettare un metodo così invadente, è certo che le associazioni e le organizzazioni votate alla tutela dei dati personali sarebbero in grado di scatenare una guerra su questo terreno.