Nokia ha consegnato agli archivi un trimestre finanziario in depressione e qui si augura una ripresa solida alla protagonista di un’epoca tecnologica, che possa afferrare in corsa il treno perduto nella propria stazione.
E sembra strano. Gli smartphone in uso hanno superato il miliardo e appaiono schermati dalla congiuntura economica a spese dei computer tradizionali. Come può mancare il bersaglio una Nokia, con i nuovi fiammanti Lumia?
La risposta, a parafrasare Bob Dylan, soffia nel vento del software. Non le vecchie applicazioni, però. Sono le app, che Horace Dediu di Asymco definisce capsule software e, in sinergia con i servizi di cloud, si preparano a divorare le industrie in cui trovano spazio di azione:
Si consideri che App Store di Apple e Google Play hanno visto oltre cinquanta miliardi di scaricamenti in meno di quattro anni e come minimo 750 milioni di persone utilizzano app. […] Niente ha una pervasività e un coinvolgimento equivalenti, neanche i browser.
Certo, si può obiettare, giochini, gattini e banalità assortite. Dediu ha un punto di vista differente:
Ciò che rende dirompente la app, perfino più di un servizio basato su browser, è la presenza di incentivi per i produttori a farsi pagare e a stabilire un rapporto con il compratore. Queste due proposizioni di valore, isolate o in combinazione, sono disponibili a milioni e fruibili da miliardi. Il mercato più democratizzato che si possa immaginare. Un insieme di produttori e uno di consumatori in connessione persistente dopo l’acquisto e separati unicamente da un meccanismo di pagamento.
Il mondo non ha mai visto una simile opportunità, chiosa Dediu, le cui conseguenze non sono prevedibili.
Non sono analista Nokia. Oso affermare comunque che i terminali mobili siano, e saranno sempre più, veicoli di app e di relazioni tra produttori e consumatori. E se l’azienda finlandese può rilanciarsi è questa la chiave, non la disponibilità in sette colori o la corsa all’ennesimo megapixel.