Leader di mercato con il 69% dei server e il 25% delle postazioni client, Red Hat sarà, a breve, il nuovo gigante del software, principale concorrente di Microsoft, IBM e Oracle.
Fin dalla nascita, Red Hat non vende software, ma supporto su software open source. Una sfumatura, che trova riscontro nel metodo di tariffazione adottato: il prezzo varia in funzione del livello e della durata del supporto richiesto dall’impresa su un software.
Questa è una delle pochissime differenze di Red Hat rispetto a Microsoft, suo principale concorrente operante su software proprietario, con il quale condivide, invece, strategia di chiusura della base installata e successo nelle partnership con i produttori.
Red Hat “monopolista” dell’open source?
Per riuscire ad accumulare quasi 300 milioni di dollari e realizzare un fatturato di circa 100 milioni di dollari tra il 2002 ed il 2003, Red Hat ha ottimizzato le sue varie versioni. Dal momento che, per soddisfare tutte le loro necessità, le imprese devono acquisire diversi software certificati Red Hat, le molte soluzioni opzionali disponibili saranno presto completate da new entry (un server per applicazioni basato su Jonas di Objectweb, utility per la sicurezza, ecc.).
A differenza dei suoi concorrenti che operano su software proprietari, Red Hat si accontenta di guadagnare dal package dei software gratuiti e dal supporto tecnico offerto. Da quando è riuscita a imporre il suo Enterprise Server come la sola distribuzione Linux proposta, in alternativa a Windows, sui server IBM, HP, Dell, ecc., ha anche stretto alleanze con IBM, Oracle, Veritas e molte altre software house indipendenti. Dispone, inoltre, di un programma di rilascio di attestati e di una rivista, “Red Hat Magazine”. Insomma, la strategia di business funziona alla perfezione. E senza l’acquisto di Suse (numero due dopo Mandrake) da parte di Novell, Red Hat sarebbe quasi solo, in situazione di monopolio quindi, sul mercato open source.
La voglia di affermazione di Red Hat sembra senza limiti. La società ha da poco emesso un prestito obbligazionario convertibile in azioni dell’importo di 400 milioni di dollari. Obiettivo: finanziare il suo sviluppo internazionale e, soprattutto, darsi i mezzi per acquisire specialisti le cui tecnologie potranno innestarsi nel suo programma open source. Il sogno di Red Hat sembra sulla buona strada per essere realizzato, anche se le lamentele non hanno tardato a farsi sentire: diversi clienti lamentano l’impossibilità di accedere agli aggiornamenti, avendo precedentemente optato per la versione gratuita.