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Rapsody è morto, viva Rapsody

15 Giugno 1998

Rapsody è morto, viva Rapsody

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Ecco come sarà MacOS X, il futuro sistema operativo di Apple.

Il ritorno di Jobs alla Apple era stato segnato dall’acquisto da parte della mela iridata del sistema operativo NeXt, che lo stesso Jobs aveva creato dopo la sua fuoriuscita, quasi dieci anni prima. Apple, all’epoca, aveva bisogno di un sistema moderno che potesse star dietro alla concorrenza della moderna piattaforma di Microsoft. La Hancock, allora responsabile dello sviluppo, aveva promesso un’evoluzione del Mac OS (il defunto Copeland) in questa direzione, ma non era stata in grado di mantenere le promesse. Ci si era messo anche Gassée a cercare di vendere il suo BE OS per una cifra prossima a quella astronomica (circa 400 milioni di dollari) che fu poi spesa per NeXt, ma quel software era ancora immaturo e, nonostante l’indubbia potenza del motore, avrebbe fatto perdere una parte troppo grande di utenti e di sviluppatori.

Come avrebbe fatto NeXt a non correre lo stesso rischio era poco chiaro. Allora tuttavia si scelse di percorrere due strade parallele: da un lato lo sviluppo di Rapsody, l’erede di NeXtStep, che avrebbe dovuto rappresentare l’evoluzione futura dell’OS per Mac, dall’altro il perfezionamento di un MacOS destinato agli utenti con macchine e programmi.

Rapsody avrebbe consentito la realizzazione di programmi sia per i computer Apple sia per i PC Windows grazie ad una sovrapposizione di sottosistemi chiamati Blue Box e Yellow Box. Le software house naturalmente avrebbero dovuto creare applicativi appositamente per quel sistema operativo. Le prime versioni per sviluppatori, uscite la fine dell’anno scorso, non hanno però convinto buona parte degli sviluppatori e degli analisti. Rapsody, inoltre, richiedeva risorse disponibili a ben pochi clienti, così è accaduto che l’attenzione di tutti è tornata a concentrarsi sul vecchio ma ancora felice Mac OS e Apple ha cominciato a affermare che per un lungo periodo Rapsody sarebbe stato il sistema applicativo per i server e nel frattempo la maggior parte della clientela avrebbe dovuto rinunciarvi. Così, l’attenzione per Rapsody ha cominciato a scemare e oggi ne si trova di più fra gli utenti di PC che fra quelli Apple.
Nel frattempo Jobs ha dato degli indirizzi di segno diverso al mercato Macintosh, con nuove linee di computer più modulari e dedicati all’utenza di massa, mentre il mercato dei server si è confermato dominio della piattaforma Wintel. Così, la prima versione di Rapsody in vendita alla fine dell’anno viene oggi descritta dal CEO di Apple come “un nuovo sistema operativo che Apple mette a disposizione come piattaforma server per l’editoria e i sistemi per Internet”.

Tempestivamente Steve Jobs ha quindi annunciato ad un convegno di sviluppatori l’inversione di marcia che si concretizzerà con il Mac OS X (che si legge dieci): “Rapsody rappresentava una grande tecnologia… il problema era però quando facevi girare delle applicazioni nel Blue Box (l’emulatore di MacOS) finivi per non trarne alcun vantaggio e a nessuno questo sarebbe piaciuto. Così, siamo giunti alla conclusione che Rapsody non ci dava quello che cercavamo.”
Nel frattempo sono in lista d’attesa un Mac OS 8.5, un piccolo restyling del sistema attualmente in commercio e, successivamente – forse – un Mac OS 9 destinati a suscitare ben poco interesse, in quanto l’uscita di OS X è prevista per l’autunno del 99 (mentre le prime versioni per sviluppatori dovrebbero essere in commercio per l’inizio dell’anno venturo).
OS X, in verità, avrà tutto quello che fa la differenza fra Mac e Windows (mentre al secondo continueranno a mancare tutte le features del primo):

  • preemptive multitasking (per avviare più applicazioni concorrenti)
  • multithreading
  • memoria protetta (per garantire la stabilità del sistema anche a fronte di interruzioni di parti di esso o degli applicativi)
  • memoria virtuale
  • input/output ad alta velocità
  • alta velocità di rete
  • rete in Open Transport
  • codice completamente nativo per PowerPC.

Da Rapsody erediterà alcune delle più importanti innovazioni, prima fra tutte il Microkernel, mentre le API (Application Programming Interfaces) del Mac OS rimarranno compatibili a beneficio di quanti vogliono conservare i vecchi applicativi e degli sviluppatori che avranno molti meno problemi nell’affrontare la migrazione. Il numero delle API verrà ridotto, eliminandone il 25%, giudicate obsolete, per portarle alle 6000 previste nella nuova tabella (soprannominata Carbon) Nonostante, secondo Jobs, uno o due mesi dovrebbero essere sufficienti agli sviluppatori per “carbonizzare”, ovvero rendere OS X-compatibili, le loro applicazioni (contro i due anni necessari a sviluppare per Rapsody), “gli applicativi per Mac potranno girarvi anche senza venire ottimizzati, mentre le applicazioni nuove saranno perfettamente a loro agio nei sistemi pregressi (in entrambi i casi, a patto di rinunciare alle nuove potenzialità) “. Un set di programmi diagnostici introdotto da Apple (Carbon Dater), in grado di verificare la funzionalità degli applicativi con il nuovo set di API, ha riscontrato un valore di compatibilità campione del 90%.
Nel nuovo sistema, inoltre, scompariranno le estensioni, sostituite da degli applicativi non necessariamente residenti in memoria (via già intrapresa da Microsoft con Office 98) e il codice non verrà più caricato da ROM.

Non è sicuro se il clima rassicurante nei confronti dei venditori lo sia altrettanto per gli acquirenti, visto che si paventa che l’OS X nasca ottimizzato per le nuovissime macchine G3 (nonostante ci sia compatibilità con i modelli preesistenti), che solo un’esigua fetta di clientela al momento possiede; e, se nel frattempo questo sviluppo delle strategie Apple che fa intravedere un robusto e sereno futuro ha lasciato soddisfazione mista a una certa incredulità nel mondo del software, primi fra tutti Microsoft, Adobe e Macromedia, e fra i grandi clienti di Apple, ispira in tutti gli altri alla cautela e a sospendere ogni tipo di investimento in applicativi (i prossimi OS – Allegro e Sonata – innanzitutto) per l’abbondante anno a venire.

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