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Radio pirata sul Web

19 Settembre 2003

Radio pirata sul Web

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La tradizione libertaria e clandestina della radiofonia, avviata in Italia durante la seconda guerra mondiale per guidare la Resistenza contro i nazi-fascisti, proseguita con il movimento delle radio Pirata degli anni '60 e delle radio Libere degli anni '70, rivive su Web in una forma inedita

Un freeware leggero come ShoutCast agevola la diffusa aspirazione della radio fatta in casa, e dà vita ad una nutrita community di editori alternativi. Si celebra così l’unione tra il più moderno e il più antico mass media virtuale, il primo in grado di dematerializzare i suoi contenuti. “Presto la banda larga offrirà a tutti i cittadini di Internet la possibilità di creare workgroups autonomi, per sviluppare una vera cultura alternativa a quella imposta dalle grandi company della new economy”. Lo afferma il teorico dei “Media tattici” Geert Lovink, protagonista del Festival “Indipendenti next 5 minutes” appena conclusosi ad Amsterdam, che per la prima volta raccoglie i documenti video e audio delle emittenti alternative in un database stabile on line. Quale surrogato della banda mancante, ShoutCastfacilita questa strategia democratica e diventa la piattaforma inaugurale delle nascenti “Comuni telematiche” della Net.Culture.

Anni ’70: le Radio Libere “anti RAI” in Italia

“Amo la radio …e se una radio è libera, ma libera veramente, piace ancor di più perché libera la mente”. Il refrain di una popolare canzone di Eugenio Finardi, incisa su disco nel 1976, diventa in quel decennio l’inno delle neonate radio libere italiane, movimento di protesta che ha sottratto il controllo dell’etere allo Stato ed è subito confluito nel più rassicurante business delle radio private. Alcuni vortal dedicati, come Radio Jurassico, che “vive interamente dei ricordi inviati dai lettori”, celebrano oggi l’amarcord di un periodo di grande fervore culturale. Il Web diventa strumento di una ricostruzione storica estemporanea, che non aiuta però ad attribuire la primogenitura in un caos non certificato: difficile stabilire se la prima radio a trasmettere sia stata Radio Parma, più facile invece individuare la prima radio legale autorizzata da un tribunale (CTA, di Catania). Chi voglia farsi un’ idea del clima politico di quegli anni, può ascoltare un drammatico documento sonoro archiviato on line sul sito di Radio Alice, voce del movimento studentesco attivo in quegli anni: la Polizia irrompe nella sede della radio bolognese, mentre gli speaker registrano tutte le fasi del blitz.

Anni ’90: le WebRadio Libere “antiglobal” su internet

Internet non è comunque solo il luogo virtuale della rievocazione. In una veste nuova, la rete fa rivivere le Radio Libere. Le Web-stazioni si organizzano in vari progetti, spesso incubati nell’alveo dell’ideologia Opensource. La sezione radio di Indymedia è il più conosciuto. L’indipendent media center è un progetto multimediale che nasce in USA per dar voce alle proteste contro il Vertice mondiale del Commercio di Seattle del 1999. Contestazioni organizzate proprio sulla Rete globale, che hanno lasciato un’altro erede incisivo: una copia in chiave antiglobal del sito del WTO, l’organismo mondiale del Commercio protagonista di Seattle. “Indymedia è un network di media gestiti collettivamente per una narrazione radicale, obiettiva e appassionata della verità ” dice la presentazione. Le radio ospitate dal network sono autoprodotte con freeware scaricati gratuitamente, con una prassi che agevola la diffusa aspirazione dell’emittente “fai da te”. I software sono free, user friendly e leggerissimi: una formula alla base del successo di ShoutCast, il più potente catalizzatore di mini-editori radiofonici.

Dalle emittenti partigiane a Radio Cybernet: libere per vocazione

Tutto comincia con Radio Cybernet, la prima a trasmettere solo su Internet. È stata ideata da due animatori dell’underground telematico italiano, Kyuzz e Asbesto, nel corso dei loro incontri su #cybernet, canale irc frequentato dai cultori del digitale “alternativo”. È la primogenita di una congerie di mini radio che sfuggono alle statistiche ufficiali, quelle che censiscono in Italia 500 emittenti, di cui 250 monitorate da AudiRadio. La nuova Webradio si ricollega ad una tradizione di clandestinità da sempre connaturata con il Media. In Italia, le radio libere nascono nel settembre del 1943 nelle regioni via via affrancate dal dominio nazi-fascista. Inizia Radio Sardegna, che irradia il suo segnale da Bortigali (Nuoro) ed è diretta dal maggiore Armando Rossini, futuro direttore generale della RAI, e dal sottotenente Jader Jacobelli, popolare volto tv degli anni ’70. Segue Radio Bari.

Risale invece agli anni ’60 il movimento delle radio pirata. Sono stazioni commerciali che trasmettono senza licenza da navi ancorate in acque internazionali nei mari del nord e vivono in stato di conflitto globale: combattono infatti una cruenta guerra intestina per spartirsi le frequenze e la torta pubblicitaria e lottano con le autorità statali per sopravvivere. Queste radio Off shore, a differenza delle radio clandestine politiche come “La Voz de Sahara Libre”, o la “Voz del CID” anticastrista, diffondono messaggi all’acqua di rose: ecologia, antinucleare. Niente di impegnativo, il loro forte è la musica. Oggi sono oggetto di rievocazioni disneyane, come quella organizzata dalla friulana Radio Fantasy domenica 13 luglio “per far rivivere le emozioni della mitica Radio 270, trasmettendo in diretta da un vero galeone pirata che salperà da Bibione Pineda con musica giochi e animazioni…”

Tutti editori nell’Era di ShoutCast

I media tattici, variante peculiare di organo d’informazione alternativo, concludono questo percorso clandestino. Dal prossimo settembre danno due nuovi attributi al modello organizzativo delle radio Libere-Pirata: la memoria stabile delle sue produzioni ed una regia comune. Si apre una nuova fase: la storia delle radio rivoluzionarie diventa più disciplinata ed abbandona lo spontaneismo anarchico. La quarta edizione del Festival sull’uso politico e sociale dei mezzi di comunicazione, in cui è nata la definizione di media tattico, ha inaugurato infatti una svolta, implementando il database “next 5 minutes visual archive” per raccogliere i contributi audio, e video, degli editori virtuali. In nuce, tutti gli utenti della rete. Ogni cittadino di Internet dovrebbe gestire in prima persona un nodo della rete, e non limitarsi al sito web o alla mailing list, teorizza il padre dei media tattici Lovink. Che rivisita così il concetto di Webness divulgato da Johan Van de Kerckhove.

“L’essenza delle reti – spiega in un’ intervista a Rai Smart Web – è la collaborazione. Sono preoccupato per la mancanza di infrastrutture nella net.culture. I network culturali attuali non vanno da nessuna parte, bisogna raggiungere il livello di workgroup. Comincerà ad essere interessante se i netizens si doteranno di proprie intranet”. Nell’attesa di attuare la democrazia digitale auspicata da Lovink, applicativi come ShoutCast della Nullsoft hanno già messo in grado notevoli comunità di mini-editori di convertire i più modesti computer in efficienti audio-server.

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