Che volti ci saranno mai dall’altra parte del telefono e cosa gli occhi incastonati in questi volti guarderanno?
“Più ore fai più soldi guadagni”. Lo avevo imparato bene alla fine della campagna pomodori 2002-03.
La Giusi era seduta a un tavolo a sei. Il posto era libero. Con un cenno mi indicò il posto. Agli altri mi presentò come “il nuovo tempista”. “Il bello”, disse.
È il lavoro che si racconta. Il lavoro nel call-center, nell’industria agroalimentare o ancora nella fabbrica, tanti anni fa, quando la Giusi, a mensa…
Tutto questo, e molto altro, sta nei siti della Fondazione Di Vittorio e dell’Associazione Smile, nel Forum che le due organizzazioni legate alla CGIL hanno intitolato “Racconta la tua fabbrica”: l’autobiografia del lavoro su internet.
L’idea è quella di raccogliere storie individuali e collettive, di vita e di lavoro, di operai, impiegati, tecnici, lavoratori part-time o temporanei. Di donne e di uomini. Del Nord e del Sud. Di vecchie e nuove imprese. Di ogni settore e dimensione.
Perché, spiega Carlo Ghezzi, presidente della Fondazione Di Vittorio, “sarebbe utile che non si perdesse di vista il fatto mai banale che al di là, o per meglio dire, insieme al lavoro che cambia, c’è il valore del lavoro che rimane”.
Temi fuori moda ? Dall’intensità di molti dei racconti presenti nel Forum, sembrerebbe proprio di no. Tanto più che, scrive Richard Sennet ne “L’uomo flessibile”, “il racconto non è solo un semplice susseguirsi di eventi, ma dà forma al trascorrere del tempo, indica cause, segnala conseguenze possibili”.
“Ecco – dice Vincenzo Moretti che presiede l’Associazione Smile- perché è utile parlare di lavoro e perché è utile farlo a più voci: per non rinunciare a stare in campo con la propria testa, oltre che con le proprie mani”.