Scrivevo dopo If Book Then che gli editori resteranno rilevanti facendo proprie logiche di mercato e tecnologie del mondo digitale, come ha riassunto Ivan Rachieli, ma prima di questo creando grandi narrazioni.
Rincaro la dose attraverso le parole di Maureen Dowd, controversa columnist del New York Times, che ha ricordato i tempi del proprio debutto presso la testata riportandoli alla situazione attuale:
Può trattarsi di un funerale per l’era di Henry Luce, ma non del nostro. Non possiamo vestirci a lutto ogni volta che qualcuno preferisce leggere su un tablet […] Sarà una buona cosa se questo momento porta a riconoscere che cosa vada preservato nella cultura, che cosa abbia valore.
(Henry Luce è stato editore iconico nella storia americana). Dowd prosegue nell’articolo con affermazioni ancora più nette:
Molti fornitori e amministratori di contenuto – già noti come reporter e redattori – hanno smesso di credere nel proprio valore e nella propria necessità. Ma […] devono comprendere il mondo nel quale stiamo vivendo e applicare il proprio discernimento.
Per arrivare a uno statement che trovo definitivo e dal quale ripartire:
Le piattaforme digitali, senza contenuto, non hanno valore. Sono sacchi scintillanti che attirano l’attenzione ma, senza contenuto, sacchi vuoti. Non è questione di pixel contro stampa. Non è questione di come leggete. È questione di che cosa leggete.
Di nuovo le narrazioni. E, aggiungerei, la caratura del contenuto. Come scriveva sempre Ivan ieri, reduce dal TOC 2013 di Bologna.