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Quelli che alla Tv preferiscono un universo persistente

12 Maggio 2006

Quelli che alla Tv preferiscono un universo persistente

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Mentre videogame e mondi virtuali online rosicchiano altro spazio ai programmi televisivi, arrivano sul mercato le nuove console di Sony, Microsoft e Nintendo

Il 40% degli americani adulti preferisce i computer game alla tradizionale Tv, sia usando il Pc che le apposite console. E di questa crescente fascia di gamer, il 45% opta volentieri per gli ambienti online. Tra questi ultimi, il 42% dichiara di dedicarvisi per almeno quattro ore la settimana (gli utenti hardcore) contro il 26% di quanti scelgono i comuni sistemi offline, mentre una persona su sei gioca per oltre 10 ore a settimana. Questi i dati maggiormente significativi di un recente sondaggio curato dall´agenzia internazionale Ipsos, per conto dell´Associated Press e di AOL Games, su un campione di oltre 3.000 persone, di cui oltre un terzo appassionati di giochi al computer. Con annessa classifica dei generi preferiti: carte, dama e scacchi sono i più popolari, seguiti da giochi di strategia, d´azione, d´avventura e dalle classiche sparatorie di vario tipo. Nei giri online, invece, primeggiano i giochi di strategia e di ruolo, mentre sul budget medio stanziato c´è chi dice di aver speso 4.500 dollari lo scorso anno, sostanzialmente per l´upgrade dei Pc su cui far girare le nuove versioni di giochi, pur se la fascia fino a 5.000 dollari riguarda solo l´11% degli interpellati. La maggioranza, oltre il 30%, dichiara di non aver toccato il tetto dei 100 dollari nell´ultimo anno. Cifra che sale a 500 dollari quando si tratta di online gamer, per via delle tariffe di connessione e di iscrizione ai mondi virtuali su Internet, mentre sei su dieci utenti hardcore spendono mediamente sui 200 dollari l´anno per l´acquisto di giochi e upgrade vari.

Il sondaggio arriva all´immediata vigilia dell´evento più atteso del settore, la Electronic Entertainment Expo di Los Angeles—una videogame extravaganza dove stavolta, dopo anni di chiacchiere e anticipazioni, verranno presentate le tre attesissime console di prossima generazione: la PlayStation 3 di Sony, la Wii di Nintendo e la Xbox 360 di Microsoft. Entro il 2008 se ne saranno vendute complessivamente qualcosa come 58 milioni di unità, prevede il gruppo Merrill Lynch, e per ottenere il primato commerciale saranno cruciali le prime impressioni di appassionati ed esperti che prenderanno d´assalto gli esemplari disponibili alla fiera. Un trend in forte ascesa che non può non far gongolare i giganti dell´hardware, che in attesa dei ritorni di mercato continuano però ad accapigliarsi.

Intanto c´è chi prevede tempi meno rosei per i produttori software, i quali tradizionalmente devono tener dietro al ritmo dei nuovi sistemi e inventare giochi sempre più accattivanti onde tener vivo l´interesse degli acquirenti – trattandosi comunque di un´industria con un fatturato annuale pari a 17 miliardi di dollari. Non a caso l´agenzia SG Cowen azzarda che il business del gaming software potrebbe decrescere fino al 20% man mano che le nuove console vanno sostituendo i modelli obsoleti. Ciò sulla base di un proprio sondaggio relativo a circa 1.000 utenti: il 30% dei regolari usa tali console meno di quanto facesse un anno fa, e lo stesso vale per il 50% degli utenti saltuari (quelli che giocano non oltre nove ore a settimana). Analoga flessione va registrata tra i giocatori più accaniti, quelli compresi tra i 12 e i 17 anni. Comunque sia, nel complesso si prevede che nel giro di un paio di anni queste console saranno più diffuse dei Pc, mentre già oggi gli americani trascorrono più tempo a giocare con i video game – in media 75 ore l´anno – che a guardare film e Dvd a noleggio. Dati d´altronde in sintonia proprio con il sondaggio di AP-AOL Games, dove il trend in atto viene esemplificato dalle dichiarazioni di Karalyn Valente, che ogni settimana trascorre quasi 30 ore nei mondi online: «Guardo sempre meno Tv. L´accendo e mi trovo davanti quei programmi così idioti,» spiega la ventinovenne artista grafica della Pennsylvania. «Quando partecipo a questi giochi, invece, osservo le cose con gli occhi del mio personaggio. Anzi, mi trasformo completamente in quel personaggio».

L´abbraccio all´interattività dei video game e, per estensione, della Rete, trova riscontro nel successo di Second Life, ad esempio, che pur rientrando nel settore degli online game multi-utenti va meglio definita come un ambiente sociale dove sperimentare e costruire relazioni interpersonali. Lanciato nel giugno del 2003 dal Linden Lab di San Francisco – creatura di Philip Rosedale, ex-dirigente di RealNetworks e con finanziatori che includono Mitch Kapor, già fondatore di Lotus Development, e più recentemente Jeff Bezos, CEO di Amazon – in una giornata tipica il sito raccoglie anche 2.000 partecipanti, mentre gli oltre 30.000 utenti iniziali hanno creato un territorio ricco e diversificato con oltre mezzo milione di oggetti e situazioni, da un´isoletta appartata a un parco divertimenti con 40 attrazioni, e centinaia di eventi a settimana, dalle vendite immobiliari alle feste in costume alle cacce al tesoro. Oggi la comunità ha superato i 200.000 “residenti”, con funzioni assai sofisticate e un gran rifiorire di attività multiformi, creando in sostanza una società parallela online, in cui agli avatar in 3D è concesso perfino costruire e gestire la propria economia, in contanti.

Un trend aperto e innovativo che recentemente ha conquistato la cover story del settimanale BusinessWeek: «Il viaggio in un luogo del cyberspazio dove migliaia di persone conducono vite immaginarie. Alcune di queste guadagnano anche parecchio. I grandi inserzionisti stanno prendendo nota». Il successo appare direttamente proporzionale alla qualità del contenuto realizzato dagli utenti, rispetto al quale lo staff di Second Life ha preso una decisione lungimirante e controcorrente: gli utenti rimangono proprietari di oggetti e personaggi virtuali creati tramite gli strumenti software disponibili nel gioco. Al contrario, qualsiasi cosa si dica o si faccia su Star Wars Galaxies diventa proprietà di Sony Online Entertainment e Electronic Arts impone un accordo analogamente riduttivo ai partecipanti di Ultima Online, per citare solo un paio di note comunità analoghe. Sfidando le attuali norme alquanto restrittive in tema di copyright, ciò consente tra l´altro di scambiare tali oggetti in un mercato che si è fatto alquanto consistente, come testimonia il denaro sonante che viene scambiato anche su e-Bay di pari passo con l´inevitabile mercato nero. Senza contare che oggi 10 milioni di persone sborsano almeno 15 dollari al mese per partecipare a qualcuno di questi giochi multi-utenti online.

L´intrattenimento made in Usa va insomma assumendo i connotati di un´esperienza sempre più interattiva e diversificata, oltre che portatrice di business model innovativi. E a rimetterci sembra essere la vecchia, gloriosa Tv, stretta nella morsa di proposte creative che sbucano fuori sia offline che online. Anzi, senza soluzione di continuità fra i due ambienti, come suggerisce il fondatore di e-Bay, Pierre M. Omidyar: «Questa generazione che è cresciuta con i video game sta facendo sparire la demarcazione tra giochi e vita reale».

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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