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Quelle microinterazioni che non si vedono

09 Settembre 2016

Quelle microinterazioni che non si vedono

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Una forma di comunicazione degli oggetti che suggerisce cosa possono fare, fanno e faranno, nonché l'effetto relativo.

Potremmo definirle come momenti, modalità di interazione associate a un prodotto. Le microinterazioni ci forniscono gli inviti all’uso e i feedback contestuali prima, durante e dopo l’utilizzo del prodotto.

Si parla di microinterazioni quindi non solo in ambito digitale ma anche in quello analogico. Nel suo libro Microinteraction – Designing with details, Dan Saffer afferma che le microinterazioni sono ovunque: negli apparecchi in nostro possesso, negli elettrodomestici in casa, nelle applicazioni di smartphone e computer, nel complesso dell’ambiente dove viviamo e dove lavoriamo. Alcuni apparecchi e certe applicazioni sono anzi completamente costruite attorno alle loro microinterazioni, che sono utili per aiutarci a:

  • Completare una singola attività.
  • Collegare tra loro due device.
  • Interagire con piccole parti di informazione, come la temperature del condizionatore o il volume della musica dello stereo.
  • Configurare le impostazioni di un dispositivo.
L’invisibile valore aggiunto

Il più delle volte sono invisibili, impercettibili ma molto efficaci. Molto spesso infatti il rapporto con un oggetto, ad esempio un elettrodomestico, dipende da come sono le sue microinterazioni. Anche quando fanno sentire frustrati o fanno pensare non sono capace di usarlo, è troppo difficile per me, il problema non siamo noi ma la mediocre progettazione di una buona interfaccia utente (UX) e delle relative microinterazioni parlanti che dovrebbero comunicare con noi.

Le microinterazioni sono il valore aggiunto di pulsanti, interruttori, icone presenti nelle interfacce degli apparecchi (che siano applicazioni per smartphone e tablet oppure quelle degli elettrodomestici). Tra quelle più comuni possiamo citare la vibrazione degli smartphone quando ne silenziamo le suonerie.

Tra le interfacce digitali possiamo citare come microinterazione il +1 che compare di fianco al carrello dei siti di ecommerce ogni volta che aggiungiamo un prodotto alla lista acquisti. Altre microinterazioni avvisano che stiamo per compiere una azione irreversibile. Un esempio è la microanimazione di MailChimp prima di procedere con l’invio definitivo di una newsletter. Nel presentare il classico pulsante rosso dell’irreversbilità, guida l’utente a ragionare prima di agire.

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L’ultimo avvertimento di MailChimp.

Esempi ancora più semplici sono i pulsanti che cambiano aspetto, colore e dimensione quando vengono cliccati o toccati. Pensiamo al mi piace di Facebook. La chiarezza dell’icona fa intendere che, se verrà toccata, esprimeremo il nostro gradimento per quel contenuto. Ma non solo. Ora possiamo indicare anche una reazione più dettagliata a quel contenuto. Ed ecco che entrano in gioco gli emoticon.

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Le possibili reazioni ai post su Facebook.

Il pulsante like viene ancora più accentuato nella nuova versione di Facebook Messenger. Se infatti lo teniamo premuto, verrà inviato un like message più grande per esprimere meglio il nostro gradimento.

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Microinterazioni anche se ce ne laviamo le mani.

Se invece dovessimo pensare agli elettrodomestici o assimilabili, penseremmo ai rubinetti dei bagni pubblici. I pedali sotto il lavello da premere per far uscire l’acqua sono ormai stati soppiantati dai sensori di prossimità posti vicino al rubinetto. Avvicinando le mani viene erogata l’acqua e, spostando le mani verso l’asciugatore, l’aria calda.

Molti altri esempi, soprattutto in ambito digitale, possono essere scovati in articoli come 7 Secrets for Enhancing UX With Micro-interactions, Microinteractions: The Secret of Great App Design oppure su Pinterest.

Come si progetta una buona microinterazione

Carrie Cousins, designer di UXPin e coautrice di Web Design Trends 2015-2016, la pensa così:

Come designer, riconoscere l’invisibilità delle microinterazioni è importante quanto la loro corretta progettazione. È necessario creare qualcosa che sia percepile degli utenti e faccia intendere quale operazione o azione comporta, rendendo la vita degli utenti più facile. Inoltre è  necessario concentrarsi su un progetto in grado di funzionare in una varietà di ambienti senza il bisogno di una spiegazione sul suo utilizzo.

Per fare questo bisogna rispettare le principali regole di usabilità stabilite nelle euristiche di Nielsen. Tra queste spicca il tenere informate le persone di ciò che il sistema può fare e farà. Le persone si aspettano che il sistema risponda sempre in maniera adeguata a una loro azione. Quando l’effetto dell’azione compiuta non può essere immediato, il sistema deve comunque comunicare che sta elaborando il comando ricevuto, ad esempio con informazioni animate.

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Un esempio di misura del trasferimento di file.

Un altro obiettivo base delle microinterazioni è mostrare un dettaglio di un input in corso. Un esempio semplice è la tastiera degli smartphone: quando si tocca una lettera della tastiera, questa viene ingrandita a scopo di più facile verifica dellì’esattezza del comando.

Che ne dice Dan Saffer

Ciò che rende funzionali le microinterazioni non è solo il contenuto, ma la forma. Una corretta microinterazione tiene conto di tutti e quattro i seguenti ingredienti.

Alla base di una buona microinterazione.

Il Trigger. L’invito all’uso di una microinterazione, quindi l’affordance (come l’oggetto può essere usato).

Le Regole che determinato cosa accadrà.

I feedback che verranno mostrati alle persone per fare capire loro cosa sta succedendo o qual è l’effetto della loro azione.

Loops and Modes. I Modes possono essere intesi come la gestione separata di alcune azioni specifiche. Per esempio, le app del meteo hanno una sezione separata per aggiungere altre località di interesse. Il Loop invece è il numero di volte che una microinterazione si ripeterà dopo essere stata richiesta dall’utente.

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