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Quei mille pazzi che indicizzano la radio

08 Maggio 2008

Quei mille pazzi che indicizzano la radio

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Strane cose ci fa fare Internet. Storia di un media che parla di un media che parla di un media. Per di più, come si usa dire, user generated

All’inizio era la Tv. Inossidabile corazzata che riempiva le nostre serate monocanale. E già non mancavano le critiche dal basso; ma il media degli Italiani, da Lascia o Raddoppia, a Canzonissima, all’inaggirabile Festival di Sanremo non era criticabile, come le istituzioni. Era e basta, al di sopra. E gli spettatori, a meno di non trasformarsi in concorrenti televisivi, non avevano voce in capitolo, e nemmeno un quarto di secondo di celebrità.

Saltiamo rapidamente un bel po’ di anni. Inizia la critica televisiva. Inizia e non la smette più, anche perché il livello medio del mezzo sembra inesorabilmente scadere anno dopo anno (quanto sia realtà e quanto sia percezione, è un tema che sarebbe bello discutere). Arrivando a periodi vicini a noi, tra i mille che criticano più o meno professionalmente o ideologicamente la Tv, arriva il Gianluca Nicoletti, che dal 1993 al 2004 dai microfoni Rai di Golem ha raccontato quotidianamente le miserie della televisione e dei suoi idoli (sperimentando in tempi arcaici anche l’interazione con la Rete, anche in virtù del suo ruolo di direttore editoriale di Rai Net). Da Golem, con un’intellettuale esercizio di inversione antipodale del nome del programma, si arriva a Melog, in onda ora su Radio 24. Appuntamento che vanta un seguito di groupies innamorate del programma (o del conduttore?) e forse uno stuolo ancora più ampio di haters, categorie che si esprimono in modo ugualmente sonoro sulla segreteria telefonica dedicata.

Programma, Melog, che pur centrato sulla Tv, non ha mai disdegnato di guardare a Internet (il Nicoletti è abituale frequentatore attivo di Second Life). In qualche misura un programma culto che ha dunque innescato nel popolo degli adepti un forte desiderio di user generation e di collaborazione (anche se, onestamente, il fenomeno delle telefonate, lettere, e più tardi mail al proprio programma preferito è vecchio quanto i media stessi).

Dal basso è dunque nato un progetto autogestito e non ufficiale, articolato attorno a un gruppo di Facebook e a un wiki, di indicizzare tutte le puntate disponibili sull’archivio di Radio 24. Un progetto di distribuzione dei contenuti, di trascrizione e sintesi delle puntate, per rendere ricercabile un contenuto – come quello radiofonico – che allo stato dell’arte è ancora lontano dall’essere facilmente googleabile. Il fenomeno in realtà non è nuovo: fin dagli inizi di Internet sono apparsi siti e più tardi forum, blog, wiki, dedicati a classificare, ordinare, taggare e raccontare serial televisivi e simili, permettendo in un qualche modo agli utenti/collaboratori di trasformarsi in autori e di prendere parte attiva al “mondo” costruito intorno al proprio programma di culto.

Un segnale forte, che arriva – come detto – fin dai primi tempi della Rete: avremmo forse dovuto accorgercene prima e valutarlo per quello che in realtà era. Il desiderio di smettere di essere dei fruitori passivi per diventare coautori, partner, potersi fregiare di un badge virtuale con il nome del programma (nel caso di Melog esiste anche un badge reale: la maglietta rossa “la passione si sente”, oggetto pare ambitissimo dalle groupies).

Un segnale che oggi è esploso con una forza che ha fatto vibrare le fondamenta di molti media. Qualche tempo fa ero alla presentazione del mostruoso (come dimensioni) progetto di ricerca Eurisko Media Monitor, che incrocia Sinottica con le fruizioni dei media e che basandosi su un meter con microfono è in grado di rilevare che cosa sentiamo in ascensore o quale stazione trasmette il televisore del bar dove stiamo pranzando. Esponendoci quindi, in parte inconsapevolmente, a contenuti anche quando siamo on the road, restando sempre bersagli pubblicitari). Tra gli elementi che emergono dallo sforzo di ricerca, proprio la verifica di una tendenza sempre più concreta degli italiani (o almeno di certi, importanti, settori della popolazione): quella del protagonismo agito.

Una cultura in cui creare contenuto, per molti aspetti, è più interessante che sciropparsi quello fatto da altri, siano pure professionisti del settore. Indicizzare un media che parla di media per porlo su un altro media è un modo di dire “anche io esisto e contribuisco, senza chiedere il permesso di nessuno, al successo di una cosa che amo”.

E così, anche io ci sono cascato. E parlo di un media che parla di un media, che parla di un media, che parla di un media….

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