Il belga De Staandard scrive che l’università Artevelde di Gent, prima al mondo, ha vietato l’uso di orologi da polso durante gli esami (la traduzione in italiano di Google, per quanto mediocre, elimina ogni equivoco).
Kristine de Smet, responsabile della comunicazione dell’istituto, ha spiegato che la ragione del divieto, applicato senza distinzione a qualunque modello, sta nella minaccia emergente degli orologi intelligenti, che si prevede i ragazzi inizieranno presto a sfruttare:
Consideriamo gli studenti come early adopter, persone che adottano la tecnologia prima degli altri, e pertanto dovranno lasciare l’orologio nel proprio armadietto assieme a computer e smartphone.
Opporsi allo smartwatch dunque come allo smartphone, come alla calcolatrice, come al computer. Non manca molto alla diffusione di massa degli occhiali computerizzati e già sappiamo che si lavora al wearable computing, processori per abiti. Stampanti 3D e elettronica organica porteranno a tatuaggi intelligenti, magari temporanei, attivi per il tempo di un esame prima di dissolversi.
Chissà se arriveremo alle perquisizioni corporali all’ingresso o ad accogliere gli esaminandi dentro gabbie di Faraday. L’idea dello smartphone con dentro Wolfram Alpha, Coursera, Shakespeare Pro, Sage, le Variazioni Goldberg, che diventa il nemico del sapere davanti alla commissione, si rende ridicola da sola.
Oltre che stantìa: sono cresciuto quando le calcolatrici tascabili, oggi giocattoli ubiqui, erano lo sterco del diavolo. È ora di capire che il digitale fa parte del nostro vivere come le forbici, la carrucola, la catena del freddo. Saperlo usare deve essere premiante, in un esame.