Negli ultimi due anni ci siamo confrontati, accapigliati e interrogati a lungo sul futuro dell’editoria. Ma ad attirare l’attenzione è stato soprattutto il settore trade, a scapito di quello dell’editoria professionale, scientifica e accademica. due mondi paralleli di fronte a un’unica radicale trasformazione di sistema, ma con logiche, tempi e soluzioni spesso profondamente diverse.
Tenta di colmare questo gap la Summer Edition di If Book Then, l’evento sul futuro dell’editoria organizzato da BookRepublic, svoltosi ieri presso l’Università Cattolica di Milano. Difficile sintetizzare un appuntamento così ricco, ma è possibile individuare e condividere alcuni dei temi ricorrenti che hanno attraversato come fili rossi i tanti interventi della giornata.
Il mondo dell’editoria STM (Scientific, Technical, Medical) è complesso, perché al suo interno numerosi player intessono una fitta rete di relazioni: autori, editori e lettori, ma anche docenti, ricercatori, Università e biblioteche sono attori centrali nel processo di generazione del valore. Ma oggi le logiche del Web applicate al mondo accademico – dall’Open Access ai meccanismi delle peer review – mettono in discussione modelli di business e certezze consolidate, offrendo l’occasione di ripensare e ridistribuire i ruoli in modo nuovo.
In questo quadro in cui i contenuti sono sempre più commodity e l’accesso agli strumenti di pubblicazione è semplice come un clic, quali chance hanno gli editori di competere?
La sfida può essere vinta riconoscendo le opportunità e i vantaggi offerti dal cambiamento.
Distogliere l’attenzione dalle costose e complicate infrastrutture tecnologiche e distributive consente di “liberare” o meglio “disintossicare” l’editoria accademica da pesi inutili e incentivare gli editori a utilizzare gli standard Web per investire sull’innovazione, offrendo ai propri clienti servizi attorno ai contenuti.
Alcuni spunti: frammentare i prodotti, offrendo unità granulari di informazioni e consentendo ai lettori di remixarle secondo le proprie specifiche esigenze; migliorare il più possibile la “trovabilità” dei testi, per non svanire nella nebbia del sovraffollamento informativo; offrire strumenti di interazione, condivisione e collaborazione oltre a materiali aggiuntivi che facilitino ricerca, insegnamento e apprendimento. Ma non solo.
Gli editori devono imparare a conoscere meglio la propria customer base, le sue abitudini e necessità. Possono riuscirci se dalle grandi corporation imparano una lezione importante: ciò che offre un vantaggio competitivo è un efficace accesso ai metadati e la loro sapiente analisi e gestione. Quanto più sono ricchi, tanto più sarà possibile analizzare il comportamento delle proprie comunità di riferimento e migliorarne la soddisfazione, progettando servizi ad hoc e mettendo a punto strategie di pricing dinamico.
Alleanze e strategie di collaborazione sono, in questo senso, estremamente importanti. Da un lato, con le agili startup che possono colmare le lacune tecnologiche degli editori. Dall’altro con le biblioteche che – specialmente nel settore scientifico e accademico – non sono solamente clienti, ma anche partner con cui lavorare per rendersi più visibili, conoscere meglio le modalità di fruizione dei testi e contribuire a garantire l’accesso e la conservazione della cultura.