L’abbiamo visto spuntare anche alla Maker Faire di Roma lo scorso ottobre: un tubo ben congegnato, gli spazi occupati da tela da paracadute, elettronica e propellente solido. Un razzo, a tutti gli effetti.
I costruttori sono un gruppo in piena crescita che potremmo definire uno spinoff del Politecnico di Milano, anche se, per ora, l’intento non sembra essere quello di attivare un business al riguardo.
Sono i futuri ingegneri dell’associazione Skywarder Experimental Rocketry, che alla passione uniscono la capacità culturale dovuta ai propri studi universitari, in diverse discipline.
In Italia e un po’ in tutto il mondo non è facile sostenere un’attività il cui scopo è lanciare oggetti nello spazio, ma le ragioni sono più che comprensibili. Gli spazi aerei sono sempre più affollati e perfino nei posti più remoti che potrebbero diventare potabili poligoni di lancio, c’è sempre un rischio di presenze estranee, come elicotteri di ricognizione, soccorso o impegnati in lavori di trasporto. Per non parlare di infrastrutture come linee dell’alta tensione o, ultimamente, perfino altri droni usati ormai in via ufficiale diversi scopi.
La bella notizia è che comunque è possibile, se dotati degli opportuni permessi. Lo scopo è definire bene una finestra geografica e temporale abbastanza ampia da consentire il lancio del proprio razzo, bloccando nel frattempo ogni altro oggetto volante che avesse la malaugurata intenzione di tracciare una rotta proprio sulle stesse coordinate.
Come volare a razzo
Oltre a quelle degli enti locali, come i comuni limitrofi, sono necessarie diverse altre autorizzazioni da parte degli aeroporti nelle vicinanze e dell’Enac per diramare un avviso di zona interdetta ai voli per il periodo di tempo necessario. Non è una procedura da poco, ma è fattibile e, tutto sommato, in buona parte si risolve con parecchie email agli uffici giusti. Una bella ricetta di esempio di come sia possibile superare le pastoie burocratiche la troviamo descritta sul blog dell’associazione.
Spesso molti, dopo aver ascoltato cosa è e cosa fa Skyward, ci chiedono da dove abbiamo lanciato il missile Rocksanne I-X, perché proprio da quel posto, se serve chiedere un permesso e come abbiamo fatto ad ottenerlo. Ecco in questo breve articolo tutte le risposte.
Questa specifica passione non è coltivata solamente in Italia. La stessa Skyward afferma di trovarsi in un contesto molto competitivo e quindi altrettanto stimolante in quanto ci si trova a confrontarsi con analoghe associazioni internazionali. La stessa presentazione dell’associazione mostra che esiste una graduatoria di risultati:
l’obiettivo è quello di battere il record di altitudine raggiunto da un razzo sperimentale (21.457 km – DARE – Delft University – Olanda), mediante un programma suddiviso in più fasi, ognuna contraddistinta da nuovi sviluppi e soluzioni tecnologiche.
Certo, c’è molto da lavorare. Si parla di preparare nuovi e potenti propellenti che rimangano però confinati in sostanze non classificabili come esplosive, di sistemi di innesco degli stessi, di elettronica di stabilizzazione e definizione della posizione, di algoritmi di controllo dei parametri interni ed esterni per determinare gli esatti momenti di inizio della ricaduta con conseguenti sollecitazioni e aperture del sistema di paracadute. Il tutto compresso in un lungo tubo la cui costruzione è un bell’esempio di ingegneria meccanica, leggerezza e robustezza.
Isolati geni nello spazio? Non si direbbe, perché anche quelli di un’altra associazione, Acme Italia, non scherzano. Anzi, utilizzando unicamente motori pronti e in commercio, hanno adottato uno slogan che dichiara tutto: Poche chiacchiere, tanti lanci. Attendiamo i prossimi, promessi per il 2017, e ne riparleremo.