La sfida della comunicazione digitale nella cosa pubblica non è scontata. Social media per la Pubblica Amministrazione insegna a gestire la nuova comunicazione istituzionale. Iniziamo a discuterne con gli autori. Apogeonline: Il vostro libro nasce da conoscenze teoriche ma anche e soprattutto da importanti esperienze pratiche. Volete accennarne brevemente?
Alessio Baù e Paola Bonini: Siamo stati il primo social media team del Comune di Milano. Il libro nasce da questi cinque anni di esperienza pratica, dunque da quello che abbiamo appreso e ci siamo inventati sul campo, ma non solo: perché prima di iniziare, in fase di progettazione e per tutto il suo corso, abbiamo sempre cercato di guardare e imparare sia dal lavoro che stavano svolgendo gli altri enti e amministratori pubblici, in Italia e all’estero, sia dai ragionamenti di chi osserva e studia l’uso delle piattaforme social per costruire una relazione con i cittadini. Nel libro abbiamo voluto fare una sintesi di questi due elementi, con un’apertura sulle loro possibili evoluzioni.
È facile intercettare pregiudizi sulla Pubblica Amministrazione e relativa capacità di lavorare in modo efficiente, men che meno dialogare con efficacia sui social. La realtà che avete trovato smentisce o conferma?
Nessuna delle due cose, in realtà. Sui social media è diffuso l’hashtag #PAdaincubo e tutti noi cittadini abbiamo avuto brutte esperienze legate a burocrazia, lungaggini, arretratezza reale o percepita: questo per dire che quei pregiudizi, all’inizio, se dall’osservatorio di una città abbastanza efficiente magari non li condividevamo del tutto, di certo li conoscevamo e temevamo. Ma è facile capire perché: gli aspetti negativi urlano sempre più forte di quelli positivi. Nella realtà ci siamo trovati a lavorare in un’organizzazione complessa, con alcuni tratti di eccellenza e alcuni altri con ampi margini di miglioramento, con molte persone in gamba, consacrate al loro impegno nel pubblico, e qualcuna meno: come in qualunque altro luogo di lavoro, insomma.
Al termine del vostro incarico, che bilancio avete stilato rispetto al vostro lavoro e a quello di chi collaborava? Il social viene visto più come un aggravio di lavoro o come un’opportunità di collaborazione e confronto?
Bisogna separare due piani. La volontà di approdare sui social, ovviamente, non è stata nostra, ma dell’amministrazione entrata in carica nel 2011, ed è stata spinta proprio dalla volontà di creare dei presidi di ascolto, oltre che di informazione disintermediata. La conversazione con i cittadini per una Pubblica amministrazione è preziosa, perché attraverso il loro feedback, le critiche e i suggerimenti, dà il polso di come viene recepita e di come si può migliorare ogni attività: la convinzione dell’importanza di questo rapporto è stata forte fin dal principio. Da un punto di vista operativo, però, all’inizio l’apertura di canali di comunicazione nuovi è stata vista con una certa preoccupazione. Non tanto per l’aggravio di lavoro, ma per questioni di conoscenza dei mezzi, innanzitutto, spesso considerati come canali di svago o di sfogo, e per la necessità di un coordinamento con i numerosi punti di contatto già esistenti: quando è in cerca di risposte, il cittadino di solito li interpella tutti, dall’infoline allo sportello, dalle mail generiche a quelle degli assessori e degli uffici, e l’amministrazione deve dare riscontri coerenti, altrimenti invece di aumentare l’efficacia si nutre la confusione. Per sistemare queste due questioni, però, sono bastati un piano agile di formazione digitale interna e delle misure di coordinamento. Col tempo e col lavoro, guadagnando la fiducia della macchina amministrativa, l’utilità del lavoro è divenuta più chiara a tutti, la forma mentis si è modificata e le opportunità sono state riconosciute.
Quanto tempo ci vuole per formare le persone in modo da ottenere risultati e miglioramenti tangibili?
Imparare a usare le piattaforme digitali è facile, non ci vuole molto tempo per apprendere le loro funzionalità: basta qualche giornata di formazione, anche considerato che un numero molto elevato di persone le utilizza già a titolo personale. Più lenta è la trasformazione della forma mentis, consolidata da decenni: per alcuni è semplice, ma se ragioniamo sugli enti nel loro complesso, e non sui singoli individui, possono volerci anni.
Qual è l’esperienza più importante che avete vissuto?
Conoscere e vivere la città da dentro, moltiplicando i nostri punti di vista, capendo la complessità del lavoro con una comunità eterogenea e contribuendo nel nostro piccolo alla sua quotidiana trasformazione.
25 Giugno 2018
Pubblico e privato si parlano sui social media
Superiamo i pregiudizi e scuotiamo la pigrizia: da Facebook in avanti sono tutte occasioni di dialogo tra PA e cittadino.