Il “Regolamento sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo innanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti”, in sostanza, contiene tutta una serie di norme per l’informatizzazione e la trasmissione telematica di atti e comunicazioni giudiziarie per il processo civile, amministrativo e dinnanzi alla Corte dei conti. Il provvedimento è intimamente legato e si colloca nel solco tracciato dal D.P.R.513/97 sulla firma digitale e provvede, in certa misura, a darne attuazione.
Il Regolamento si apre, all’art. 1, con le definizioni degli elementi tecnici che realizzeranno l’innovazione del sistema attuale: “documento informatico”, “duplicato del documento informatico”, “documento probatorio”, “firma digitale”, “dominio giustizia”, “sistema informatico civile”, “gestore del sistema di trasporto delle informazioni”, “indirizzo elettronico”, “ricevuta di consegna”, “certificatore della firma digitale”. Alcune definizioni rimandano al contenuto del D.P.R. 513/97 sulla firma digitale, altre invece contengono notevoli elementi di novità. Ed è di queste che merita parlare.
Iniziamo con il “dominio giustizia”: esso è definito come “l’insieme delle risorse hardware e software mediante il quale l’amministrazione della giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, dato, servizio, comunicazione e procedura”. In pratica sul sito Internet del Ministero della Giustizia saranno attivati tutta una serie di servizi che oggi esistono solo in forma cartacea.
Il “sistema informatico civile” è poi “il sottoinsieme delle risorse del dominio giustizia mediante il quale l’amministrazione della giustizia tratta il processo civile”. Attraverso questo sistema si svolgeranno vere e proprie operazioni processuali telematiche. In pratica si intende la formazione, la comunicazione e la notificazione di atti del processo civile mediante documenti informatici nei modi previsti dal regolamento. Tutto questo avverrà con le garanzie della firma digitale.
I riflessi pratici sono notevoli: gli addetti ai lavori (magistrati, avvocati ed ufficiali giudiziari) potranno comodamente accedere, vedersi notificati e notificare atti dal proprio terminale o da terminali messi a disposizione all’interno dei tribunali stessi. La forma digitale dell’atto sarà comunque accompagnata da quella cartacea tradizionale, almeno per una prima fase.
Così comunicazioni con biglietto di cancelleria e notificazione di atti verranno effettuate attraverso il sistema informativo civile oppure all’indirizzo elettronico del difensore (depositato presso il Consiglio dell’Ordine). Potrà essere effettuata telematicamente l’iscrizione a ruolo o la costituzione in giudizio, accompagnate dalla produzione di documenti probatori informatici.. Anche la cancelleria procederà, di conseguenza, alla formazione del fascicolo informatico d’ufficio contenente gli atti del processo come documenti informatici (art. 12-13). L’inserimento dei documenti probatori nel fascicolo informatico avverrà “… sempre che l’operazione non sia eccessivamente onerosa”.
Sarà anche possibile depositare la relazione del c.t.u. (art. 195 c.p.c.) come documento informatico sottoscritto con firma digitale.
Anche la parte potrà consultare il fascicolo informatico in via telematica oppure attraverso videoterminali messi a disposizione nei locali della cancelleria.
Senza dubbio è un notevole passo avanti verso il miglioramento del servizio del sistema giustizia e una svolta nella direzione dello svecchiamento di strutture davvero antiquate. Risulta addirittura difficile da credere se si legge il testo del regolamento appena tornati da qualche ufficio del Tribunale o della cancelleria. Il Governo si starà riferendo proprio a quegli uffici polverosi e cadenti dove trovare un faldone può essere un problema davvero insormontabile?
Al di là delle sterili polemiche, l’analisi obiettiva del testo mette in evidenza moltissimi ostacoli alla realizzazione del progetto. Primo fra tutti il termine entro il quale il processo telematico dovrà diventare realtà: il 2 gennaio 2002. Il che significa tra meno di undici mesi. Tutti noi sappiamo che lasso di tempo irrisorio è questo in materia legislativa. Normative molto meno rivoluzionarie e complesse di questa ci hanno messo anni per essere applicate nella realtà quotidiana. Altre non lo sono ancora.
Caso paradigmatico è quello del D.P.R. 513/97 sulla firma digitale, tra l’altro intimamente legato al Regolamento in oggetto: chi ha mai firmato elettronicamente un documento fino ad oggi? Chi ci dice che l’attuale previsione legislativa non verrà presto superata da nuove tecnologie di certificazione soggettiva più semplici ed efficaci? Nel mondo della tecnologia il tempo corre più veloce che nel mondo economico tradizionale, figuriamoci rispetto a quello delle camere legislative!
Veniamo a problemi pratici: quanto potrà costare allo Stato l’adeguamento delle strutture hardware e software delle cancellerie agli standard qualitativi che la gestione della firma digitale impone? Difficile da immaginare con precisione ma sicuramente non poco. Molto elevato sarà anche il livello di sicurezza necessario per conservare in forma digitale l’immensa quantità di dati sensibili (quali sono quelli giudiziari) che la riforma porta con sé. Dubito fortemente che il Garante per la tutela dei dati personali sarà disposto a chiudere temporaneamente un occhio davanti ad una simile situazione di pericolo.
Parliamo ora di formazione del personale: chi lavora con strumenti informatici di alto livello avrà anche la necessità di essere formato in modo adeguato. Tecnici informatici, sistemisti, esperti privacy, esperti nella gestione di database scarseggiano nelle strutture private di alto profilo, figuriamoci all’interno della struttura pubblica del Ministero della Giustizia.
Paradossalmente questi non sono i problemi più gravi tra quelli che si oppongono all’applicazione del Regolamento in questione. Le strutture tecniche possono infatti essere migliorate e il personale, seppur con grande sforzo, può essere formato almeno in maniera sufficiente. Ciò che è più difficile cambiare, da sempre, è la mentalità delle persone: non riesco ad immaginare categoria professionale più refrattaria al progresso tecnologico di quella degli operatori del diritto. I giuristi sono di gran lunga la classe di professionisti con il più basso grado di alfabetizzazione informatica. Una verifica del numero di professionisti che abitualmente usa strumenti informatici potrebbe riservare delle sorprese: ovviamente in negativo. Questo è il vero problema.