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Processo Microsoft: il peggio deve ancora venire?

02 Luglio 2001

Processo Microsoft: il peggio deve ancora venire?

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Nonostante abbia evitato, con la sentenza d'appello, lo spettro dello smantellamento, per l'azienda di Bill Gates i problemi non sono ancora finiti

La sentenza che giovedì scorso ha stabilito che il provvedimento di smantellamento della Microsoft era una misura troppo severa, potrebbe avere due effetti, uno immediato e uno a scoppio ritardato. Quello immediato è evidente a tutti: l’allontanamento di uno spettro per il gigante del software per Pc. E questa è certamente una buona notizia per gli uomini di Redmond che, pur continuando a credere di poter vincere la guerra anche perdendo qualche battaglia, devono aver sudato freddo leggendo la sentenza di primo grado del giudice Jackson che ne decretava lo smembramento.

Il secondo effetto, quello a scoppio ritardato, è legato al fatto che, pur dichiarando la Microsoft non smantellabile, la nuova sentenza ha riconosciuto che l’azienda ha abusato della sua posizione dominante nel settore dei sistemi operativi per Pc, adottando pratiche anticoncorrenziali. Questa constatazione potrebbe spingere molte società a scendere in campo e Microsoft si ritroverebbe a fronteggiare una valanga di denunce per risarcimento danni. È quanto sostiene Ernest Gallhorn, professore di diritto presso l’Università George Mason (Fairfax). Secondo lui, i concorrenti potrebbero accusare Microsoft aver fatto perdere alle loro aziende quote di mercato sfruttando la sua posizione dominante, chiedendo rimborsi miliardari. Anche se, grazie all’enorme liquidità disponibile, la società potrebbe rendere, alla lunga, il problema “gestibile”.

Ma Microsoft deve difendersi anche da altre accuse. Gli Stati americani che hanno citato in giudizio la società non hanno fatto mistero di voler introdurre nel procedimento nuovi elementi d’accusa. In primo luogo, il fatto che l’azienda intende adesso estendere il proprio monopolio su Internet. Ovviamente, sfruttando sempre il suo sistema operativo e, specificamente, la nuova versione di Windows, XP, che verrà lanciata il 25 ottobre prossimo e che integra il sistema di instant messenging di Microsoft. Su questo punto è già in corso una sanguinosa guerra con Aol che vede seriamente minacciate le quote di mercato conquistate dal proprio servizio.

Se a Microsoft verrà consentito di commercializzare Windows XP nella versione contestata, la guerra dell’instant messenging si concluderà come quella dei browser: con l’annientamento della concorrenza.

Secondo Kenneth Star, vecchio procuratore nel processo e membro del ProComp, l’associazione favorevole allo smantellamento di Microsoft, “la sentenza d’appello contiene una doppia dose di cattive notizie per Microsoft. Non soltanto la corte ha giudicato l’azienda colpevole di aver violato le leggi antitrust, ma ha deciso di rimandare il dossier in prima istanza per un riesame della sanzione. Questo comporterà l’avvio di altre audizioni sui nuovi prodotti della società”. Secondo Star il nuovo processo dimostrerà che Microsoft è ancora più anticoncorrenziale che una volta. E anche se lo smantellamento sembra definitivamente accantonato, le sanzioni potrebbero comunque essere molto severe.

Il governo americano, secondo l’opinione di tutti gli osservatori, potrebbe arrivare a un accordo con Microsoft. L’amministrazione Bush è meno interventista di quella Clinton: l’antitrust, in regime repubblicano, non è mai stato molto attivo e durante i due mandati di Ronald Reagan la lotta ai monopoli e agli abusi di posizione passavano più inosservati dei furti di caramelle. Ora, tutto dipende dagli Stati che hanno portato in tribunale il gigante di Redmond. Ma questa non è necessariamente una buona notizia per Gates e soci.

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