Il 27 giugno scorso, Michel Barat, Gran Maestro della Grande Loge de France, ha informato la Commission nationale de l’informatique et des libertés (Cnil) della presenza di una lista di francesi massoni sul Web. La Commissione ha subito usato i poteri di cui dispone per ottenere dal server del sito – situato in Francia – il nome di chi l’aveva pubblicata.
L’autore è stato quindi denunciato, il 10 luglio, alla procura della Repubblica di Parigi, ma, nel frattempo, la lista è scomparsa dalla Rete.
La pubblicazione di questa lista, che contiene più di 3000 nomi di massoni, membri del Grand Orient e della Grande Loge de France, i loro dati personali (compreso il numero di cellulare) e persino i nomi dei loro datori di lavoro, costituiva un vero e proprio attentato alla vita privata e alla libertà di associazione.
In Francia, come in molti altri paesi, infatti, le informazioni personali che rivelano l’appartenenza a un’associazione a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale, sono considerate dati sensibili e non possono essere raccolte, trattate o divulgate senza il consenso espresso delle persone interessate.
Secondo la Cnil, l’episodio dimostrerebbe che, nonostante tutti i discorsi su Internet come “zona di non diritto”, in realtà è possibile individuare l’autore di un reato commesso in Rete, soprattutto grazie alla conservazione dei cosiddetti dati di connessione.
La legge francese del 1° agosto 2000 obbliga l’autore del sito a dichiarare la propria identità al suo provider e impone a quest’ultimo di conservare i dati per una durata che dovrà essere stabilita dal Consiglio di Stato francese.
Attualmente, la proposta del Governo è di imporre un termine di un anno, mentre la Cnil assicura che sono sufficienti tre mesi per il buon esito delle indagini.
Tuttavia, la lista in questione è stata ripubblicata, in seguito, sul Web, ad opera di un internauta belga, che si fa chiamare “l’investigatore”, e che ha scelto, però, pochi giorni fa di ritirarla dal proprio sito, dopo aver appreso dell’intervento della Cnil nei confronti dell’autore della prima diffusione.
È, comunque, assai probabile che altri internauti ne abbiano fatto delle copie, durante il periodo in cui la lista è rimasta online; perciò, la lista incriminata potrebbe ricomparire da un momento all’altro in Rete. E questo problema non può essere risolto soltanto imponendo un termine più o meno lungo per la conservazione dei dati di connessione.