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Prigionieri nella Rete

21 Dicembre 1998

Prigionieri nella Rete

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Il carcere tedesco di Tegel, a Berlino, apre il proprio sito Internet. Al progetto hanno partecipato anche i detenuti, entusiasti della nuova esperienza.

L’homepage del sito della prigione di Tegel, a Berlino, accoglie il visitatore con un suono di sirena – quel tipico suono che scandisce la vita carceraria – e con una finestrella rossa che lampeggia. È il piccolo spiraglio sul quale cliccare per entrare a Planet Tegel. La pagina successiva ha lo stesso aspetto austero, con il simbolo del carcere berlinese e il regolamento della prigione che scorre in basso.

Il sito è solo in tedesco, così, chi non conosce la lingua di Ghoete, è costretto ad andare a tentoni per orientarsi. La navigazione è una sorta di perlustrazione attraverso i corridoi della prigione, come se si passasse da una sezione all’altra del carcere. Ogni passo al suo interno è stato concepito per essere il più fedele possibile alla realtà carceraria.
Anche il navigatore, una volta entrato nel sito, come se fosse stato incarcerato, deve farsi registrare e ritirare l’equipaggiamento: lenzuola, coperte, scarpe, ecc. Il tutto sistemato in grandi sacchi blu di plastica. Quindi, deve prendere la via che lo condurrà alla sua cella. Cliccando in diverse zone è possibile leggere testimonianze di altri reclusi.

Il sito è stato realizzato in collaborazione con una dozzina di detenuti, che hanno lavorato insieme ad un gruppo di tecnici esterni al carcere. Un progetto piuttosto originale che si allontana molto da esperienze simili realizzate negli Stati Uniti, piuttosto descrittive e istituzionali.

“Abbiamo voluto rendere trasparente una realtà nascosta – dice Roland Brus, regista teatrale e uno degli autori del progetto – mostrare come funziona questa città, questo pianeta”.
“Volevamo far vedere – aggiunge Dittmar Grosse, in carcere dal 1992 per estorsione e uno dei detenuti che hanno partecipato alla realizzazione del sito – che una prigione è una cosa molto diversa da un hotel, come molta gente pensa. Volevamo far capire che il carcere è un’esperienza dura, violenta”.

Sul sito è possibile trovare anche un dizionario del gergo del carcere di Tegel, quelle tipiche espressioni che sono diventate una sorta di lingua interna. “Tenuta da combattimento”, ad esempio, significa “pigiama”, mentre “Kit NATO”sta per “purè”. La “cella”, nel gergo dei carcerati di Tegel è la “capanna”.
La partecipazione al progetto, per i detenuti, è stata come una sorta di evasione virtuale. “Il clic del mouse – dice Dittmar – per me è come un buco nel muro, uno spazio libero che si apre alla mia creatività”.

I detenuti non sono liberi di lavorare online. La direzione della prigione continua a controllare i loro contatti con l’esterno. È possibile, comunque, usare la posta elettronica, a condizione che i messaggi vengano filtrati e controllati.
L’équipe che ha realizzato il sito è alla ricerca di volontari che vogliano tradurlo in inglese.

Planet Tegel: http://www.planet-tegel.de/

L'autore

  • Redazione Apogeonline
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