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Per non dimenticare i brevetti sul software…

15 Settembre 2004

Per non dimenticare i brevetti sul software…

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Due recenti interventi della Free Software Foundation Europe e di Richard Stallman a tutela dell'innovazione e dell'attivismo globale

Quale il modo migliore per opporsi ai brevetti sul software? Ha senso affrontarli uno ad uno, combattendoli in tribunale? Oppure, ci sono altre strategie praticabili per scongiurare il pericolo ai danni della comunità degli sviluppatori in generale? Queste le domande, non certo da poco, che si pone Richard Stallman in un fresco articolo per NewsForge. Dove si incita tra l’altro al coinvolgimento e all’attivismo concreto, ricordando soprattutto lo stallo della situazione europea, con la battaglia per i brevetti sul software che “sta raggiungendo uno stadio cruciale.” Motivo per cui si rifà sotto anche la Free Software Foundation Europe (FSFE) con una lettera aperta al nuovo Presidente del Parlamento Europeo, il primo ministro olandese Balkenende. Obiettivo primario: fare in modo che il PE assicuri il futuro dell’innovazione tecnologica, evitando di “dare una base legale ai brevetti sul software…che renderebbe l’Unione Europea molto meno competitiva.”

Partendo da quest’ultimo documento, viene intanto ricordato un dato importante: “Trentamila brevetti sul software sono già stati registrati nell’Unione Europea, contraddicendo lo spirito dell’attuale legislazione europea sui brevetti; tre quarti di questi brevetti sono detenuti da società non europee.” In pratica viene ripreso il modello statunitense della ‘brevettabilità selvaggia’ che poi finisce per porsi come diretto ostacolo al libero avanzamento tecnologico. Ecco perché la FSFE chiede al Consiglio Europeo di “rivedere il proprio orientamento sui brevetti software espresso il 18 maggio 2004”. Come si ricorderà, in quella data il Consiglio dei Ministri passò una direttiva tesa ad annullare i precedenti emendamenti approvati dal PE, che andavano nella direzione opposta all’introduzione dei brevetti. Una sorta di mini-golpe, che però ha provocato la ferma reazione dei parlamentari e degli esperti di alcuni paesi, opposti a quel voto dato dai rispettivi Ministri. Tendenza che, questa la speranza generale, dovrebbe proseguire fino ad una formale riconferma delle limitazioni alla patentabilità già approvate in aula.

A chiarire ulteriormente la situazione, ecco un ulteriore stralcio dalla lettera aperta della FSFE: “I brevetti sul software sono usati per contrastare le innovazioni da parte dei concorrenti. Questa è l’unica ragione per cui si brevettano un cestino della carta straccia virtuale, l’inserimento di applicazioni su di un sito web o la possibilità di ordinare dei regali via internet….
Nelle ultime settimane abbiamo visto cosa accade alla gestione dei progetti in ambito aziendale e nella pubblica amministrazione quando ci si confronta con progetti impegnativi, come quello di Monaco di Baviera. Un membro del consiglio municipale temeva che il progetto potesse violare qualche brevetto ed è quindi rimasto in sospeso per un’intera settimana, anche se un gigante del software come IBM era interessato nella gestione di questo progetto per il suo prestigio internazionale. La stessa cosa è accaduta nel resto del mondo, dal momento che progetti simili potrebbero incontrare le stesse difficoltà”.

Come uscire dall’impasse, dunque? Intanto facendo pressione sulla nuova presidenza olandese, appunto, affinché avvii immediatamente il processo di revisione delle norme approvata del Consiglio dei Ministri. Oppure, saltando all’approccio più complessivo proposto da Richard Stallman, dandosi da fare per modificare il sistema stesso che assegna i brevetti. Scrive RMS: “…Bisogna fare qualcosa di più che uccidere i mostri man mano che compaiono, bisogna spazzar via la macchina che li genera. Ribaltare i brevetti esistenti uno alla volta non renderà più sicura la programmazione. Per riuscirci dobbiamo cambiarne il sistema in modo che non possano più minacciare sviluppatori e utenti”. L’ovvio riferimento è alla pratica dei programmatori di aggirare con escamotage tecnici (il più delle volte) oppure, se possibile, di ribaltare a livello legale i vari brevetti in cui ci si imbatte nella scrittura di un programma. Senza dimenticare che può tranquillamente capitare di dover fronteggiare centinaia di brevetti che già coprono una parte qualsiasi del software in lavorazione. Come ha dimostrato una recente indagine statunitense, nel caso di programmi di ampie proporzioni si arriva quasi a 300 brevetti esistenti per un elemento o l’altro di tale programma.

Ovvero qualcosa di assai vicino alla ripulitura di un campo minato intanto che ci si avventura sul terreno. Un paragone più che calzante, bene illustrato da Stallman in apertura del pezzo: “I brevetti sul software sono l’equivalente delle aree minate: ogni singola decisione sul design comporta il rischio di mettere il piede su un brevetto, che può distruggere l’intero progetto”. Insistendo, più avanti: “Alcune di queste mine sono impossibili da eliminare. Ogni brevetto sul software è dannoso, ognuno limita ingiustamente il nostro impiego del computer, ma non tutti i brevetti sono invalidabili legalmente in base al criterio del sistema d’assegnazione. I brevetti che è possibile ribaltare sono quelli derivanti da “errori,” laddove non sono state osservate con rigore le regole del sistema. Ma non c’è nulla da fare quando l’unico vero errore sta nelle politiche che consentono l’esistenza stessa dei brevetti sul software”.

Un’analisi radicale, com’è tipico per il fondatore della Free Software Foundation. Che porta tuttavia ad una soluzione di compromesso e coinvolgimento, anch’essa alquanto tipica. Possiamo, anzi dobbiamo, lavorare su obiettivi sia a breve che a lungo termine. Le due strade non si escludono a vicenda, tutt’altro. Continuando cioè a sforzarsi per far annullare in tribunale i singoli brevetti, costruendo al contempo l’attivismo necessario per correggere il problema complessivo. Mentre per quest’ultima ipotesi, il riferimento preciso in questa fase è alla situazione europea descritta sopra, il motto sotto cui procedere nella battaglia globale, suggerisce infine Stallman, dovrebbe essere semplice e diretto: “Un brevetto in meno, una minaccia in meno per i programmatori: l’obiettivo finale è zero”.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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