Possibilità di cambiare canale (pagina) in qualsiasi istante, disponibilità di canali in numero (teoricamente) infinito, opzioni ovunque di dire la propria e pubblicare: sono cose che qualsiasi navigatore sperimenta su Internet da anni.
Sono anche i sintomi di un assestamento che la rete provoca e continua a provocare nei pesi effettivi che hanno i differenti soggetti che alla rete accedono con scopi diversi.
Mi spiego con un esempio. Nel campo dell’editoria, il rapporto tra editore, lettore e inserzionista si poteva rappresentare come un triangolo isoscele: un lato lungo per l’editore in azione su un mercato privilegiato (alti costi di ingresso, rete di distribuzione chiusa) e due lati corti, uno per l’inserzionista e uno per il lettore. L’inserzionista doveva venire per forza a patti con l’editore perché gli spazi erano limitati e il lettore poteva scegliere solo tra ciò che risultava dall’incontro tra editore e inserzionista. Riassume l’Ordine dei giornalisti laziale:
Per un paio di secoli i giornali sono andati avanti secondo un modello di business che ha grosso modo sempre funzionato: le redazioni producono ed elaborano notizie e analisi, i lettori pagano per leggerle e le aziende pagano per comprare spazi pubblicitari da affiancare agli articoli.
Il web ha inizialmente allungato il lato dell’inserzionista, i cui spazi di movimento improvvisamente si dilatavano, con il moltiplicarsi delle testate. Il triangolo ipotetico ha cambiato forma, rimanendo isoscele, ma con due lati lunghi (editore e inserzionista) e uno corto, sempre quello del lettore.
I blog e poi i social network hanno aumentato il potere dei lettori, tanto che alcuni di essi sono diventati editori di fatto. Il triangolo, sempre isoscele, ha iniziato ad avvicinarsi alla forma equilatera, ma non del tutto: a essere premiati sono stati soprattutto i lettori ansiosi di comunicare a loro volta, più che i lettori soddisfatti semplicemente di leggere.
La trasformazione equilatera si completa con il fenomeno del content blocking, la possibilità da parte del lettore di filtrare da una pagina un contenuto indesiderato, a partire dalla pubblicità. Una possibilità che è presente da tempo ma solo una scarsa percentuale di lettori ha sfruttato: situazione che lo sdoganamento delle estensioni di filtraggio contenuti da parte di Safari Mobile su iOS 9 ha improvvisamente portato alla ribalta.
Then
Users: Please DoNotTrack me
AdTech+Publishers: Screw youNow
AdTech+Publishers: Please DoNotAdBlock me
Users: Screw you— Kontra (@counternotions) September 20, 2015
Altri autori approfondiranno l’argomento su Apogeonline nei prossimi giorni. Qui si fa notare che l’evoluzione appena descritta copre più o meno un arco di vent’anni e c’è un soggetto che si è accorto esattamente di niente: la burocrazia.
Ne è dimostrazione che recentemente l’Unione Europea abbia partorito una normativa demenziale definita familiarmente cookie law, demenzialmente recepita in Italia con l’imposizione dell’obbligo a decine di migliaia di innocenti di pubblicare sul proprio sito una informativa priva di qualsiasi valore e utilità.
Che cosa poteva succedere, viste le premesse? Ecco arrivare su quasi tutti i browser (paradossalmente manca proprio Safari, per ora) l’estensione che blocca l’informativa sui cookie (grazie per la dritta, Simone Aliprandi). Ce ne sono altre, a cercarle. Tutte legali.
Il triangolo tende all’equilatero: chi usa la rete per scopo personale ora dispone di poteri contrattuali che equilibrano quelli degli altri soggetti. Legiferare sul web senza capire queste dinamiche è tempo sprecato. Politici che infliggete per legge un aggiornamento professionale demenziale come l’informativa sui cookie, un favore: aggiornatevi.