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PC senza Windows? Esiste una Terza Via

14 Aprile 2004

PC senza Windows? Esiste una Terza Via

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Per chi vuole liberarsi dei problemi e dei monopoli Microsoft sembra esserci una sola soluzione: migrare a Linux. Ma l'entusiasmo dei sostenitori del software libero può condurre a una visione limitata del problema

È facile aver voglia di abbandonare Windows. È molto meno facile riuscirci. Le ragioni per voler fare a meno di Microsoft sono abbastanza ovvie: il continuo dilagare di virus/worm, lo stillicidio di annunci di falle di sicurezza, e i formati proprietari che incatenano i nostri documenti all’uso di Windows, creando una vera e propria dipendenza. I più arrabbiati, inoltre, detestano Microsoft semplicemente perché è troppo grande e onnipresente, ed effettivamente avere a che fare con un’azienda che può sbarazzarsi della mega-multa UE da quasi 500 milioni di euro attingendo a ventisei giorni di utili è abbastanza inquietante.

Ma dalla teoria alla pratica, come si suol dire, il passo è più lungo in pratica che in teoria. Non appena si tenta di sbarazzarsi del software Microsoft si cozza contro un muro di gomma. Volete un PC senza Windows, in modo da non dare soldi a Microsoft per il software preinstallato (che non è in omaggio come molti pensano)? Preparatevi a una caccia al tesoro: pirateria software a parte, i rivenditori che offrono un PC “nudo” e privo del ricarico Microsoft sono quasi inesistenti. Potete comprare i componenti e assemblarli, ma è un metodo adatto soltanto agli smanettoni. Se poi cercate un laptop, la scelta si riduce quasi a zero.

Compromessi, compromessi

Si può scendere a un compromesso e acquistare un computer con Windows preinstallato per poi chiedere il rimborso previsto dalla licenza, ma è un’impresa ardua e ricca di delusioni. La maggior parte dei rivenditori si rifiuta di onorare la clausola di rimborso, in barba alle leggi vigenti. Chi c’è riuscito, come il sottoscritto, ha forse la soddisfazione morale, ma di certo ha speso in tempo e travasi di bile più di quanto ha ottenuto come rimborso.

Si può allora accettare un ulteriore compromesso e pagare la “tassa Microsoft” per il software preinstallato, per poi cancellarlo e sostituirlo con Linux. Ma far funzionare Linux su un PC non è un’impresa alla portata di tutti. Nella maggior parte dei casi, il Windows preinstallato funziona e basta: si accende il nuovo PC e si parte (preferibilmente dopo aver installato almeno firewall e antivirus). Tutte le periferiche in commercio hanno il loro bravo driver per Windows. Anche nelle ottime distribuzioni più recenti, installare Linux è invece un’operazione tecnicamente impegnativa. Capita spesso di trovarsi con componenti hardware non supportati o supportati soltanto a patto di seguire istruzioni complicatissime.

Un bravo smanettone alla fine riuscirà quasi sempre a far funzionare Linux su un PC, ed è una soddisfazione che non ha prezzo, ma gli costerà tempo e fatica: due risorse che non tutti hanno in dosi sufficientemente abbondanti. I linuxiani talvolta non se ne rendono conto, ma non tutti hanno giorni e giorni da spendere nella lettura di manuali in inglese tecnico: la gente deve anche lavorare o godersi un po’ di tempo libero con le persone care. Se un sistema operativo richiede così tanto tempo da indurvi a trascurare la morosa, o c’è qualcosa che non va nella morosa, o c’è qualcosa che non va nel sistema operativo.

Ammesso di riuscirvi (e anche qui nel caso dei laptop la sfida è titanica), rimane comunque il problema della compatibilità col mondo Microsoft, che non si può ignorare per ovvie ragioni numeriche. Se vi mandano un documento Word, potete tentare di cavarvela con OpenOffice.org o altri programmi per Linux che leggono i formati Microsoft, ma noterete che spesso la formattazione va a ramengo (merito, si fa per dire, della segretezza che per difendere il monopolio circonda molti formati Microsoft).

La Terza Via

Nel nobilissimo fervore della passione per Linux e per la libertà del software e dei suoi utenti, princìpi peraltro assolutamente condivisibili, spesso ci si dimentica che vedere il mondo come una lotta fra il Bene Linux e il Male Microsoft è molto riduttivo. Esiste infatti una terza via.

C’è un computer venduto ovunque senza Windows preinstallato, per il quale quindi non si paga alcuna “tassa Microsoft” e non occorre tentare improbabili rimborsi. È disponibile sia in versione fissa, sia in versione portatile. Non ha problemi di compatibilità hardware, perché riconosce e gestisce praticamente tutto in modo automatico: stampanti, periferiche WiFi, Palm e telefonini, telecamere e webcam, e via dicendo, senza dover ricompilare il kernel o altre stravaganze. Dialoga con le macchine Windows in modo trasparente, senza però averne i problemi di sicurezza. Legge e scrive perfettamente i file di Microsoft Office. Non costa più di un PC Windows. A differenza di Linux, ha una modalità di suspend e ibernazione che funziona. E ciliegina sulla torta, è basato su Unix, esattamente come Linux.

L’avrete capito: sto parlando del Mac.

Preconcetti da scartare

Il Mac è oggi quello che il PC Linux sarà forse fra qualche anno: un connubio perfettamente integrato di hardware e sistema operativo solido e ben supportato, basato su fondamenta granitiche come quelle di Unix. Non occorre formattare, ripartizionare e leggere cataste di manuali: il Mac arriva con il sistema operativo preinstallato e preconfigurato, ed è ovviamente privo di Windows per default. Nessun driver da cercare per far funzionare il modem, nessun file di configurazione da taroccare per “convincerlo” a funzionare. Mac OS X funziona di sua sponte, e la minaccia di virus è sostanzialmente trascurabile in confronto alla marea che affligge gli utenti Microsoft.

Mi trattengo volutamente dal parlare dell’interfaccia grafica del Mac, che spreme lacrime d’invidia agli utenti Windows, per non parlare di quelli Linux (a discolpa dei quali va detto che l’interfaccia grafica è spesso un’appendice indesiderata). Dico solo che da qualche parte, nei meandri della Apple, deve esistere un Ufficio Umiliazione Utenti Windows. Spostate il mouse in un angolo dello schermo, e tutte le finestre aperte si dispongono automaticamente come soldatini, mostrando versioni in miniatura del proprio contenuto, permettendovi di avere chiaro il quadro della situazione anche su un monitor da dodici pollici. Chiedete a un utente Mac di mostrarvi come si commuta da utente a utente e preparate i fazzoletti. Non dico altro.

Sono finiti i tempi in cui il Mac era un mondo a parte, riservato a una schiera di danarosi che lo esibivano sulla scrivania come oggetto di design. Oggi i prezzi di un Mac, fisso o portatile, sono assolutamente paragonabili e talvolta inferiori a quelli di un PC di marca equivalente. La scelta di passare a un sistema operativo basato su Unix ha prodotto una vera e propria rivoluzione, aprendo la piattaforma Mac all’immenso repertorio di software nato per Unix/Linux. Le applicazioni grafiche e video per il Mac non hanno bisogno di presentazioni. In sostanza, oggi si può fare con Mac tutto quello che si può fare con Windows e con Linux messi insieme.

Il Mac non è più un giocattolo colorato per musicisti e architetti: oggi è una macchina da ufficio a tutti gli effetti. Se vi serve la garanzia di compatibilità con Microsoft Office, il Mac la offre, dato che esiste Office per Mac, cosa che Linux probabilmente non avrà mai (è più facile che Steve Ballmer trovi una marca di antitraspirante che gli funziona). Se siete così sfigati da dover interagire con siti che supportano soltanto Internet Explorer, esiste Internet Explorer per Mac. Potete chattare con MSN Messenger o Yahoo Messenger per Mac. Se vi siete affezionati a Opera, Mozilla, Firefox o Thunderbird sotto Windows/Linux, li ritroverete nel Mac (insieme a OpenOffice.org, sia pure con qualche limitazione). Nei casi più difficili, potrete usare l’emulazione per far girare su Mac le applicazioni Windows per le quali non trovate un equivalente Unix/Mac. È vero che installare Office o Internet Explorer sul Mac fa crollare il concetto del computer esente da software Microsoft, ma è bello sapere che esiste questa ulteriore possibilità se le alternative non funzionano.

E la libertà?

La pecca del Mac, rispetto a Linux, è che non è del tutto conforme ai criteri del software libero. Il sistema operativo Mac non è del tutto aperto e liberamente distribuibile, e a differenza di Linux i suoi aggiornamenti (patch escluse) si pagano, esattamente come avviene nel mondo Microsoft. Di conseguenza, chi crede veramente nei principi del software libero e (preferibilmente) gratuito potrebbe trovarsi a disagio nel passare da un mondo proprietario a un altro.

Questo non impedisce a molti linuxiani di convertirsi al Mac o di affiancare alle proprie creature Linux un laptop Mac: poter accedere in qualsiasi momento a una riga di comando per usare i comandi Unix/Linux li fa diventare pragmaticamente molto meno fondamentalisti. A differenza di Windows, il Mac fidelizza i propri utenti con la qualità del sistema operativo e dell’hardware invece che tramite formati di file proprietari. E sfoggiare un Mac è sempre meglio che andare in giro con macchine dual-boot, come fanno segretamente con imbarazzo molti utenti Linux (me compreso).

L’altro motivo del successo del Mac fra gli utenti Linux è che viene visto come una tappa lungo la strada che conduce al software libero. Spesso chi ha capito i benefici del software libero non può o non riesce a fare il grande passo di migrare a Linux, ma può ragionevolmente passare al Mac, e dal punto di vista della causa del software libero è meglio un utente convertito al Mac che un utente che ha assaggiato Linux ed è tornato da mamma Microsoft.

Nel mondo business, inoltre il Mac è più “presentabile” perché è supportato da un’azienda anziché da smanettoni, offre le medesime applicazioni del mondo Microsoft, e ha meno problemi di sicurezza rispetto a Windows. In più i Mac sono l’equivalente estetico di una top model, ideali quindi da sfoggiare nelle riunioni dei manager dove si fa a gara a chi ha il gadget più cool intanto che si finge di discutere la roadmap della solution al customer satisfaction nel core business.

Tifoserie a parte, qualsiasi alternativa che possa intaccare un monopolio è da salutare con entusiasmo. In qualsiasi campo, il monopolio induce stagnazione e abusi di posizione dominante, mentre la libera concorrenza stimola l’evoluzione, il progresso e la riduzione dei prezzi (l’esempio della telefonia è sotto gli occhi di tutti). È abbastanza evidente che l’indubbio miglioramento del software Microsoft è dovuto in gran parte alla paura della concorrenza di Linux e, in misura minore, del Mac. Ironicamente, insomma, il modo più efficace per migliorare Windows è passare in massa a un sistema operativo alternativo.

E non è detto che quel sistema operativo debba essere per forza Linux. Certo il Mac, a differenza di Linux, richiede di cambiare hardware: e allora la prossima volta che comperate un computer, provate un Mac. Capirete perché gli utenti Mac hanno sempre quell’aria soddisfatta e un po’ condiscendente. Ne hanno ben donde.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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