Nonostante la normativa più volte citata, che obbliga la pubblica amministrazione a preferire il software libero, si verificano ancora casi come Pesaro, dove il Comune – che aveva adottato OpenOffice – ha fatto marcia indietro.
La cronaca dei fatti è cosa nota che non vale la pena di ripetere e per la quale rimando sia al whitepaper dell’Osservatorio Netics sull’esperienza del Comune di Pesaro vista con gli occhi di Microsoft sia alle controdeduzioni di chi ha approfondito il whitepaper.
Mi interessa di più un risvolto umano della vicenda, quello dell’Ingegnere Stefano Bruscoli, Responsabile Sistemi Informativi e Statistica del Comune di Pesaro, che ha condiviso informazioni e dati utili all’elaborazione del whitepaper. E anche dichiarazioni, citate nel documento, come questa:
Se un CIO con la sua struttura non sa cogliere le novità e rapportarsi con esse, penso che non faccia bene il proprio lavoro. […] Il prossimo passo sarà quello di rinnovare la rete interna e il parco macchine, decisamente datato.
Dal che si capisce immediatamente che uno dei problemi riscontrati con OpenOffice nel whitepaper era l’arretratezza del parco macchine e della rete interna. Difficile credere che il passaggio a Office 365 abbia risolto questo problema. Sentiamo ancora Bruscoli, rispetto alle criticità riscontrate nell’uso di OpenOffice:
Per la divisione IT un notevole aumento, almeno nella fase iniziale, delle richieste di help-desk. Per i sistemisti, cercare di risolvere le clamorose lentezze del sistema. Per gli end user i notevoli e numerosi interventi per la reimpaginazione e riformattazione dovuta alla situazione ibrida. Inoltre in numerose situazioni gli applicativi gestionali andavano in crash con la chiamata agli eseguibili open.
Si capisce che il Comune aveva dispiegato OpenOffice conservando numerose postazioni Office evidentemente cruciali la cui produzione di documenti – ma che sorpresa – generava problemi di interscambio con il software libero. Il funzionamento degli applicativi gestionali non era stato testato preventivamente, né si era verificata la velocità della soluzione (inadeguatezza del parco macchine, ricordate?).
Test non eseguiti, lentezze non anticipate o prevenute, problemi non previsti con le applicazioni gestionali interne e non c’è traccia del documento di valutazione comparativa previsto dalle regole dell’Agenzia per l’Innovazione Digitale. Ma chi l’ha effettuata, l’installazione di OpenOffice? Tocca ripetere le parole dell’Ingegnere:
Se un CIO con la sua struttura non sa cogliere le novità e rapportarsi con esse, penso che non faccia bene il proprio lavoro.
Ora si capisce appieno il disagio che sta vivendo questa persona.
P.S.: Il Ministero della Difesa si è appena accordato con LibreItalia per l’adozione di LibreOffice come software di produttività individuale.