Nel 2006, come riportarono anche i quotidiani nazionali, l’ex premier venne messo alla berlina. Numerosi oppositori politici pubblicarono, ciascuno sul proprio sito, un link chiamato miserabile fallimento che puntava alla sua biografia.
Google naturalmente prese a collegare quella frase al nome di Berlusconi e cominciò allegramente a inviare chi cercava miserabile fallimento alla presentazione dell’allora primo ministro. Il webmaster di Palazzo Chigi, per salvare il posto di lavoro, non trovò di meglio che chiedere la rimozione dall’indice di Google della sezione biografie dei nostri governanti.
Una settimanella fa spiegavo come e perché è difficile far dimenticare qualcosa a Google. Sappiamo, però, che esistono professionisti al lavoro per far salire nella classifica le pagine dei propri clienti. E, se qualcuno sale, necessariamente qualcun altro dovrà scendere per fargli posto.
Preoccuparsi delle informazioni negative che il motore di ricerca restituisce quando cerchiamo un nome famoso è diventato, per qualcuno, un mestiere remunerato. Gli esperti di SEO che lavorano per creare e piazzare pagine gradite a proposito di marchi e persone paganti, spazzando i link negativi in seconda o terza pagina, hanno coniato per la propria attività il nome di reputation management. In gergo viene anche chiamata Google washing.
Ho già spiegato che, a ogni anno che passa, fare SEO lottando contro Google è sempre più difficile. Viceversa è possibile ottenere risultati anche importanti creando nuovo materiale di buona qualità e, nel caso del Google washing, neppure tanto difficile. Ottenere foto esclusive dal tuo cliente, intervistarlo e tirare fuori un virgolettato, chiedergli dettagli biografici in precedenza sconosciuti sono attività praticabili. M’è capitato in più occasioni, e se ci pensate un po’ vedrete che non stupisce: nuove pagine web create ad hoc con materiale del genere piaceranno molto a Google e si piazzeranno naturalmente piuttosto in alto nel suo indice, specialmente se si riesce a piazzarle su molti siti web differenti e non solo sul sito titolare.
Per scalzare le pagine sgradite dal cliente pagante si può anche fare una normale attività SEO che dia una spintarella in alto alle pagine esistenti e neutre, o insignificanti, o positive, che già apparivano in Google prima di iniziare il washing. I risultati non sono immediati ma, nel tempo, il successo è inevitabile. Serve una piccola affiatata squadra di persone che crea pagine e blog, aggiunge commenti e link nei siti più quotati verso le pagine così create, poi sciacqua e insapona di nuovo.
Come dite? Voi vi fidavate dei risultati che restituisce Google? Davvero? Ah, è bello vedere che esiste ancora l’innocenza al mondo…