La biblioteca dell’università canadese della Columbia Britannica ha appena annunciato l’acquisizione di una Bibbia del XIII secolo e un libro d’ore del 1430 che si aggiungono a una raccolta dichiarata di 185.494 oggetti digitali unici.
La doppia acquisizione è costata 211 mila dollari, interamente provenienti da donazioni private, e rappresenta l’ennesima buona occasione per studiosi, ricercatori, storici, appassionati di libri antichi che vogliono apprezzare ciascun particolare delle opere senza per forza acquistare un biglietto aereo per il Canada.
A fare notizia è infatti l’acquisizione dei manoscritti e non più la loro digitalizzazione e pubblicazione in rete, che vengono date per scontate. La disponibilità sul web, che prima faceva la differenza, ora è un fattore comune. Il confronto si sposta verso le modalità di fruizione. Ecco come appare l’interfaccia di consultazione del libro d’ore.
In caso di zoom, appare un navigatore in basso a destra. Lo zoom arriva a livelli estremi e rivela ogni singolo punto di pennello. Abbondano i comandi per spostarsi dentro la singola immagine e attraverso l’intero libro. L’interfaccia è pilotabile integralmente da tastiera ed è disponibile una legenda apposita. È facile condividere una pagina o una porzione di essa. Sono disponibili tutti i metadati pertinenti all’opera, è prevista l’incorporazione del libro con relativa interfaccia in altri siti e basta un clic per scaricare il PDF completo dell’opera in altissima risoluzione (quasi duecentocinquanta megabyte). Il tutto in osservanza dello standard International Image Interoperability Framework.
Confrontiamo questa interfaccia con quella messa a disposizione dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze per il Messale Ottoniano del X secolo, il manoscritto più antico della sua raccolta.
La risoluzione è molto buona, però manca tutto il resto. Non c’è zoom e neanche un’interfaccia di navigazione. I metadati disponibili sono praticamente zero. L’unico modo per disporre dell’opera sul proprio computer è visualizzare manualmente (o con uno script) una per una le cinquecentosettantatré pagine e sempre una per una scaricarle. Si ignora se sia stato rispettato lo standard IIIF. L’accessibilità è deficitaria, lacuna più grave trattandosi di un ente pubblico.
La buona notizia è che comunque, come si diceva all’inizio, la reperibilità digitale di libri e documenti antichi è sempre più pervasiva. Speriamo che tutti i soggetti in tema recepiscano la dichiarazione di intenti dell’università di British Columbia:
Tutti i materiali delle Open Collections sono accessibili liberamente a chiunque e saranno preservati per le generazioni future.
Per chi volesse semplicemente godere in leggerezza della creatività e del genio presente nei libri e nelle pergamene dei secoli passati, ricordiamo la brillante e ironica opera di divulgazione compiuta da Erik Kwakkel dell’università olandese di Leida.
Medieval app of the week: volvelle added to page, helping reader to work out position of sun/moon (Bod Ashmole 370) pic.twitter.com/eVExRUIvE0
— Erik Kwakkel (@erik_kwakkel) March 30, 2016