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Open Source e logica di mercato

06 Dicembre 1999

Open Source e logica di mercato

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Se Linux fosse un prodotto commerciale il suo prezzo dovrebbe essere astronomico. La quantità di forze e di risorse impegnate nel suo sviluppo è enorme, ed è assolutamente incommensurabile a qualsiasi attività analoga svolta in campo commerciale.

Se da una parte i sostenitori più radicali della libertà del software continuano a vedere con fumo negli occhi il mercato commerciale, si tratta comunque di una minoranza sempre più esigua, mentre la maggior parte dell’opinione pubblica si interroga su nuovi modelli di business e sull’effettiva redditività dello sviluppo Open Source.

Tuttavia nessuno ha finora posto il problema di quali siano le conseguenze dell’integrazione tra i due mondi (Open Source e commerciale) per quanto riguarda aspetti non prettamente economici. Per intenderci, se le analisi illuminanti di Raymond possono anche convincerci che il modello Open Source è sostenibile all’interno di un’economia di mercato, dobbiamo interrogarci se lo sia anche dal punto di vista produttivo.

Modello organico e modello ambientale È slogan affermato che i prodotti sviluppati secondo il modello “a bazar” sono più affidabili rispetto al modello “a cattedrale”. Tuttavia hanno tempi e modi di realizzazione particolari e difficilmente controllabili. Facciamo un esempio.

La ACME Software, Inc. sa con una certa sicurezza quali sono i periodi dell’anno più adatti al lancio di un nuovo prodotto, qual è il tempo minimo e massimo che deve intercorrere tra due release successive, su quali aspetti concentrare maggiormente l’attenzione in fase di sviluppo (e su cui “suonare più forte le trombe” in fase di marketing).

Conosce questi problemi per il semplice motivo che, oltre al reparto di ricerca e sviluppo, la ACME Software possiede anche un ufficio commerciale, che è particolarmente sensibile ai messaggi provenienti dal mercato. Funziona quindi come un organismo autonomo che vive all’interno di un ambiente composto dai consumatori e dalle loro domande. È sensibile agli stimoli esterni e deve essere in grado di reagire in modo opportuno se desidera sopravvivere. Chiamerò questo il modello “ambientale”.

Linux si è trovato fino a non molto tempo fa in un modello diverso, dove un organismo molto più complesso contiene al suo interno tutto il sistema con cui interagisce. Una sorta di entità che ha scarsissime per non dire nessuna interazione con il mondo esterno, che appare quindi trascurabile. Gli sviluppatori di Linux, i programmatori e tutti coloro che prendevano parte anche minimanente al suo sviluppo, fino a non molto tempo fa costituivano tutto o quasi il suo mercato.

Nessun ufficio commerciale era necessario per interpretare bisogni di consumatori “altri”: gli stessi utilizzatori di Linux comunicavano in modo immediato con il comparto produttivo, ovvero la comunità di sviluppatori di cui bene o male facevano parte. Chiamerò questo secondo modello come il modello “organico”.

Emigrazione Nel momento in cui il modello Open Source “emigra” dal suo mondo mono-abitante e si inserisce nel modello ambientale, ovvero diventa uno dei soggetti del mercato, devono accadere alcune cose. I consumatori, abituati a interagire con le case produttrici di software secondo il modello ambientale (e per interazione intendo qualcosa di non completamente consapevole, come le reazioni del pubblico alle campagne pubblicitarie, la risposta al marketing e la domanda vera e propria del mercato) seguono la stessa strada anche con l’Open Source.

Si affacciano quindi sulla scena nuovi soggetti che traducono questi stimoli in un linguaggio che l’organismo-comunità possa comprendere. Tali sono per esempio le società che producono distribuzioni di Linux, oppure le case editrici che convertono in forma editoriale la documentazione prodotta dalla comunità.

Ma la comunicazione tra la comunità di sviluppo e questi nuovi soggetti è comunque molto limitata e difficile. Se lo sviluppo Open Source produce risultati più affidabili, lo fa in seguito a una struttura produttiva estremamente complessa e articolata, lavorante in parallelo, e poco sensibile a deboli stimoli di mercato.

Una nuova release del kernel di Linux uscirà quando sarà pronta e non quando il mercato potrebbe assorbirla nel modo migliore. Le nuove funzionalità inserite nella release successiva di un prodotto potrebbero non avere nulla a che fare con quello che il mercato effettivamente richiede (ma questo è un problema comune anche a molte case di software tradizionali). E soprattutto i tempi di lavorazione non sono controllabili: non esiste nulla di simile a una riunione tra dirigenti commerciali e responsabili di produzione per contrattare le date di uscita del software.

Il tempo non è denaro Un altro fenomeno interessante deriva direttamente dal “volontariato” secondo cui si produce la stragrande maggioranza del software Open Source. Oltre all’ovvia conseguenza per cui chi lavora gratis difficilmente farà gli straordinari per rispettare una scadenza imposta dall’esterno, esiste anche un fenomeno per cui il tempo non viene più impiegato secondo i canoni della produzione normale.

Un piccolo dettaglio del codice, così come una scelta letteraria nella traduzione di documentazione tecnica possono diventare oggetto di discussione tra più persone per diverso tempo, con un impiego di ore-uomo sproporzionato al problema, almeno secondo i canoni di un’azienda che non potrebbe assolutamente permettersi questo lusso. E proprio nel momento in cui soggetti aziendali entrano a far parte di questo processo, si devono verificare delle interazioni. Tuttavia la loro lingua è ben diversa da quella dell’organismo-comunità e la comunicazione può risultare difficile, se non impossibile.

In definitiva, se da un lato è vero che società come Red Hat hanno a disposizione probabilmente il reparto di sviluppo software migliore del mondo, tuttavia il loro vantaggio competitivo non è così rilevante, e il fatto che tale reparto sia disponibile praticamente a costo zero, non significa che i costi complessivi sostenuti dall’azienda per partecipare attivamente sul mercato siano nulli.

Nel momento in cui Linux diventerà prodotto di massa, arriveranno anche i forti investimenti pubblicitari e se gli osservatori attenti del mercato indicheranno, per esempio, che il periodo natalizio è il momento migliore per lanciare una nuova release, beh, in qualche modo la produzione dovrà adeguarsi. O meglio, le nuove figure professionali che nasceranno, e che dovranno fungere da punto di contatto con la comunità di sviluppo, si troveranno di fronte a non poche difficoltà per riuscire a rispettare gli obiettivi che l’ufficio commerciale imporrà loro.

L'autore

  • Alberto Mari
    Alberto Mari lavora col Web dal 1998. La passione per le tecnologie e una cultura umanistica l'hanno portato a occuparsi di editoria digitale e ebook.

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