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Open source come servizio pubblico, dalla didattica alla pubblica amministrazione

26 Novembre 2001

Open source come servizio pubblico, dalla didattica alla pubblica amministrazione

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Red Hat "provoca" Microsoft per le scuole USA, l'e-government francese rende operativa la scelta di standard aperti

Uno dei settori in cui l’open source guadagna gradualmente spazio, pur se spesso lontano dall’attenzione dei grandi media, è quello dei servizi pubblici in senso lato. Ciò include in primis le iniziative avviate in svariati paesi europei tese all’implementazione di tale software nei dipartimenti pubblica amministrazione. Insieme ad alcune proposte per similari passi all’interno del sistema educativo oltreoceano. Un percorso che prosegue in questi giorni con un’interessante sfida lanciata da Red Hat a Microsoft (ma non solo) e un’ulteriore passo avanti dell’open source nello scenario governativo francese.

Sfruttando qualche rigurgito di attenzione sulla saga anti-trust contro Microsoft, Red Hat ha pensato bene di farsi avanti. Dopo aver (quasi) raggiunto l’accordo con il Ministero di Giustizia statunitense, il gigante informatico deve ancora fronteggiare le oltre 100 denuncie locali per pratiche monopolistiche. Nel tentativo di mettere a tacere anche queste ultime, Microsoft si è offerta di regalare computer a migliaia di scuole tra le più povere del paese — ovviamente dopo aver opportunamente dotato tali computer di software prodotto in proprio. Red Hat ha colto la palla al balzo, diffondendo nei giorni scorsi un comunicato in cui si dice pronta a “fornire gratuitamente software open-source ad ogni distretto scolastico degli Stati Uniti.” Incoraggiando inoltre Microsoft a reinvestire il denaro così risparmiato stimato in oltre 500 milioni di dollari) in hardware aggiuntivo da distribuire sempre all’interno della struttura scolastica.

Una proposta tutt’altro che ironica, piuttosto una sorta di alleanza costruttiva. Red Hat metterebbe a disposizione di ogni scuola interessata il proprio sistema operativo, alcuni pacchetti applicativi e l’assistenza online, tutti naturalmente targati open source. Ciò andrebbe accoppiato alle macchine offerte da Microsoft, la quale non dovrebbe così sacrificare un buon numero dei propri pacchetti, rigirando il denaro risparmiato nell’acquisto di oltre un milione di computer anziché dei 200.000 previsti. E se Gates & Co. dovessero fare, com’è probabile, orecchie da mercante? Nessun problema, ha spiegato Matthew Szulik, CEO di Red Hat: “la nostra proposta rimane comunque valida.” Anche perché le due aziende non hanno minimamente discusso le possibilità di una simile iniziativa.

Se manca certamente il sarcasmo, rimane però la provocazione. Come ha infatti ribadito lo stesso Szulik, la soluzione avanzata da Microsoft non farebbe altro che “ampliarne ulteriormente la strategia di monopolio sul mercato del software.” E pur con l’ampia diffusione globale di Windows, le scuole non dovrebbero essere costrette ad alfabetizzare gli studenti ricorrendo soltanto ai prodotti Microsoft. “Preferiamo che i nostri figli acquistino capacità informatiche o che imparino ad usare il software di un determinato produttore?” ha concluso Szulik.

La notizia francese riguarda invece l’agenzia addetta all’implementazione dell’e-government, nota sotto l’acronimo ATICA. Quest’ultima è stata ufficialmente incaricata di procedere alla scelta degli open standard che dovranno essere implementati in tutte le unità della pubblica amministrazione nazionale onde garantirne la piena e funzionale inter-operabilità. Con l’imminente arrivo del nuovo anno la stessa agenzia, già responsabile per l’attività di promozione dell’open source e del free software, inizierà la valutazione e la selezione delle licenze di copyright, basandosi ovviamente su quelle esistenti in tale ambito, sotto le quali verranno pubblicati i programmi ad hoc in corso di realizzazione. La decisione rafforza l’adozione dell’open source all’interno dei servizi pubblici europei, dove la Francia fa ancora da apripista con l’emanazione della prima legge operativa che appoggia ufficialmente l’implementazione degli standard aperti.

La notizia ha trovato ampia eco grazie anche al rilancio della EuroLinux Alliance, coalizione di entità commerciali e non-profit riunite dalla volontà di promuovere e proteggere una “vigorosa cultura del software in Europa basata su standard aperti, competizione libera, Linux e software open source.” Da notare tra l’altro che nell’estate dello scorso anno l’associazione lanciò una petizione elettronica a tutela dell’innovazione informatica europea. Il relativo sito consente tuttora di aderire all’iniziativa, che ha finora raccolto le firme di oltre 90.000 cittadini, 2.000 dirigenti e 300 aziende nei vari paesi della UE.

Stimolante la presa di posizione pubblica di Michel Sapin, ministro francese responsabile dell’attività interna della pubblica amministrazione: “L’e-government di prossima generazione impone due requisiti: inter-operabilità e trasparenza. Ovvero due pilastri del software open source. È per questo che mi arrischio a prevedere che nei prossimi anni tale software rivestirà una parte cruciale nello sviluppo dell’e-government.” Posizione che ribadisce quella già esposta, tra gli altri, dal deputato Jean-Yves Le Déaut, il quale lo scorso anno sosteneva che “i sistemi di comunicazione aperti e la disponibilità del codice sorgente rappresentano elementi imprescindibili per garantire l’adeguato livello di inter-operatività tra i sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni dei vari paesi europei.”

Potrebbe darsi insomma che quanto prima l’intera UE decida di seguire le orme del governo francese, emanando precise disposizioni operative a sostegno dell’open source. Almeno questo l’augurio di un nutrito gruppo di organizzazioni nazionali, dalla EuroLinux Alliance alla Dutch Open Source Association ai Linux Users Group disseminati un po’ ovunque. Se son rose fioriranno.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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