Con l’approssimarsi dell’atteso arrivo di LinuxWorld Conference & Expò a Milano (24-26 giugno), si è svolta la settimana scorsa al Sandton Convention Centre di Johannesburg la prima edizione di LinuxWorld South Africa, di fianco al Futurex 2005. Dove uno dei leit-motiv conduttori è apparso semplice ma visionario: il Paese appare ben posizionato per guidare l’esplosione del software open source (e libero) nel resto del mondo. A partire dall’avvento del pinguino anche in ambito desktop, scenario non più così lontano dal concretizzarsi, almeno a giudicare dal tenore di molti interventi.
Il responsabile di Novell South Africa, Stafford Masie, ha dimostrato pochi dubbi: “C’è parecchia attenzione in giro, i media sembrano aspettare che qualcosa di grosso accada nel desktop, ma intanto sta succedendo nel back end”. Gli ha fatto eco il fondatore del progetto Ubuntu, Mark Shuttleworth, per il quale il desktop è la chiave per il successo commerciale su larga sala dell’open source. A tale scopo, Shuttleworth ha anche delineato quelle che dovrebbero essere le offerte del “desktop del XXI secolo”: software liberamente disponibile, assistenza tecnica fornita da produttori diversi, ampia possibilità di personalizzazione. “È una prospettiva meravigliosa: modellare i programmi onde tagliarli su misura per le proprie esigenze. Questa è un’altra area-chiave del progetto Ubuntu, e stiamo veramente spingendo in tal senso”, ha ribadito Shuttleworth. Da notare che “Ubuntu” è un antico termine-concetto africano che significa qualcosa come “portare l’umanità agli altri” o anche “sono quello che sono per quel che siamo tutti noi”. Ergo, la distribuzione rigorosamente sud-africana vuole “portare lo spirito di Ubuntu al mondo”, ovvero “Linux for Human Beings” come recita il motto del progetto.
Con la solita girandola di situazioni caratteristica di simili eventi, va notata tra gli altri la presenza di Red Hat Linux, Obsidian Systems e Oracle South Africa, che ha tenuto una speciale ‘installfest’ relativa alla combinazione Linux-Java. Mentre Jon “Maddog” Hall, direttore di Linux International, ha insistito sui risvolti economici: i costi del software proprietario rimangono proibitivi in molte aree del mondo, e la produzione di massa significa comunque che sempre maggior denaro finirà per abbandonare tali aree. “La libertà di software significa invece che meno denaro se ne va e più ne resta nel vostro paese – spiega “Maddogg” Hall -. È così possibile investirlo localmente per la personalizzazione dei programmi, il che crea nuovi posti di lavoro in loco”.
Per non parlare dell’alto numero di sviluppatori coinvolti, e della relativa comunità d’intenti che va creandosi. Un circolo virtuoso particolarmente promettente proprio nel variegato contesto sud-africano. Riprendendo ancora Mark Shuttleworth nel suo keynote address alla platea: “Il Sud Africa ha l’opportunità di guidare l’esplosione dell’open source, poiché siamo una combinazione di primo e terzo mondo, con una varietà di culture diverse, per cui sappiamo comprendere e raggiungere mercati diversi”. Prevedendo un ulteriore boom globale da qui a cinque anni, il programmatore (ormai miliardario) ha insistito sulla necessità, da parte delle aziende del settore, di trovare un equilibrio tra semplicità e complessità, onde trarre massimo vantaggio dalle caratteristiche-base di tale software: creatività e innovazione.
D’altronde è noto come il “Rinascimento Africano” avviato dal presidente Thabo Mbeki, mirato a promuovere il rinnovo del continente africano sostenendone la democratizzazione, lo sviluppo economico e la creatività culturale, privilegi “soluzioni africane progettate da africani per africani” anche e soprattutto per le varie implementazioni dell’e-government. Obiettivo di fondo è quello di promuovere la libertà di scelta: optare per il software open source quando risulti parimenti efficiente a quello proprietario, se non di più. Lo stesso governo ha creato, ad esempio, il Meraka Centre all’interno del Consiglio per la ricerca scientifica e industriale, operante in tre maggiori aree/progetti a sostegno del software open source: OpenSpeak, per coordinare e promuovere varie iniziative nel Paese; OpenMentor, per sviluppare e facilitare l’informazione e l’alfabetizzazione; OpenProject, per stimolare l’adozione, l’adattamento e lo sviluppo locale all’interno dei settori pubblico e privato.
Lo stesso Meraka Centre sta poi coordinando lo sviluppo di un Sistema d’informazione anti-corruzione, operativo l’anno prossimo e su piattaforma aperta, mentre fra la altre iniziative in corso, la Zuza Software Foundation, ente non-profit fondato nel marzo 2002 a Cape Town, ha lanciato Translate.org.za con l’obiettivo di rendere disponibili applicazioni software e web nelle 10 lingue ufficiali del Sud Africa. Tra i progetti già portati a termine: un esteso pacchetto per ufficio in Zulu, comprensivo di applicazioni per desktop, browser, elaboratore testi, fogli di calcolo e posta elettronica; la versione in Zulu di OpenOffice.org; Google in Zulu e Xhosa; Firefox in Afrikaans.