Dopo aver seguito attivamente e in prima persona le precedenti due edizioni dell’Open Data Day, quest’anno ho dovuto fare da semplice spettatore, a causa di una sovrapposizione con altri impegni che non mi ha permesso di recarmi in una delle città che tra venerdì 4 e sabato 5 marzo hanno ospitato un evento sul tema.
Anche se a ben vedere, solo qualche giorno prima, pur in un contesto diverso, mi sono trovato a sostenere la causa dell’open data e della trasparenza in ambito giudiziario: tema a me abbastanza caro da quando ho lanciato il sito JurisWiki.it.
L’edizione di quest’anno ha registrato meno eventi degli anni passati, e quasi tutti concentrati nel meridione; tuttavia il reverbero mediatico è stato comunque rilevante.
Oltre a quello romano, che fa sempre un po’ da hub per tutti gli eventi nazionali e da collegamento con quelli internazionali, due sono stati gli eventi che si sono distinti: Cagliari e Lecce.
L’appuntamento sardo, che ha avuto come titolo Ritorno al futuro: salta sull’hackathon ed è stato organizzato dagli amici del Circolo Giuristi Telematici in collaborazione con il Gulch (Gruppo Utenti Linux Cagliari), e, per la prima volta, con il Crs4 (Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna), ha visto una altissima affluenza di pubblico, soprattutto di studenti, come testimoniano le foto circolate sui social.
#Cagliari Open Data Day: c'è il mondo a scoprire i dati aperti!#ODD16 #ODD16CA pic.twitter.com/1qQjzXG8gV
— Manuela Vacca (@ManuelaVacca) March 5, 2016
L’appuntamento salentino ha dovuto fare addirittura i conti con un inatteso tutto esaurito (alcune persone non sono riuscite ad entrare causa esaurimento dei posti in sala) e si è concentrato in particolare su un grande classico dei dati aperti: i dati geografici.
Grazie a relatori di indubbia competenza, sono state presentate ai presenti le potenzialità di strumenti come OpenStreetMap e QGIS, raccogliendo un indiscusso interesse sia da parte dei cittadini sia da parte dei funzionari pubblici e dei rappresentanti delle istituzioni.
Spesso i processi opendata sono visti esclusivamente sul piano tecnico. A Lecce abbiamo lavorato invece secondo il vero senso anglosassone dei dati aperti: come colonna portante dell’open government, che stimola trasparenza, collaborazione e partecipazione. Già prima dell’apertura del portale opendata presentato per l’occasione, abbiamo lanciato l’hashtag #chedativuoi e abbiamo raccolto le prime timide richieste.
Così racconta Francesco “Piersoft” Paolicelli, consulente del Comune di Lecce sui temi open data e open government, nonché attivissimo divulgatore della cultura digitale.
L’iniziativa, che ha permesso quindi di iniziare a mettere le mani concretamente sui primi dataset, ha raccolto anche l’interesse dei professionisti locali (ingegneri, architetti e geometri).
Quindi abbiamo toccato con mano come si può prendere la carta tecnica regionale, aggiungere dataset locali, ragionare come riorganizzare il tutto e alla fine “servire” una mappa con indice della qualità della vita per ogni sezione di censimento; in sostanza abbiamo individuato le zone più vivibili della città in base a parametri come la presenza di servizi, piste ciclabili, aree verdi, collegamenti trasporti, basandoci unicamente su dati open.
Sempre a Lecce si sono poi tenuti anche illuminanti laboratori di e-journalism ispirati ai principi della trasparenza pubblica e dell’open data e si è dimostrato come sia difficile fare buone inchieste senza dati completi e senza solide competenze per analizzarli ed elaborarli.
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